Il futuro a 5 Stelle

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LE CRONACHE DI BONARCANTO- VERSIONE INTEGRALE, di grigula, disegni di barole

     MARTEDÌ 9 FEBBRAIO 2010


VERSIONE INTEGRALE


Un asinello dal manto scuro procedeva a fatica nella salita vicino aMurtas mentre trasportava una figura ingobbita e ammantata col volto nascosto da un cappuccio.
Arrivato allo stretto ponticello di legno che consentiva l'attraversamento di sa cora, l'animale si fermò e non procedette più oltre.

La figura ammantata sollevò la testa e guardò verso il ponte.
Alla luce del pallido sole mattutino di quel fine gennaio del 1470 intravide la sagoma di un giovane uomo che armato di bastone imboccava il ponte e percorso che ne ebbe la metà circa si fermò e stendendo il bastone orizzontalmente alle protezioni di corda che lo delimitavano e sorridendo spavaldo disse: “ Più in là non si và Messere senza pagar pegno!”.

Il viandante intabarrato allora tirò indietro il cappuccio che gli copriva il volto. Apparve un volto giovane circondato da una barbetta in stile greco,senza baffi, con due occhi scuri e vivaci sormontati da due folte sopracciglia una delle quali attraversata da una lunga cicatrice. La testa era coperta da capelli neri e ricci con al centro una chierica su cui era tatuato uno strano simbolo e ad entrambe le orecchie portava grandi orecchini in ossidiana.

Proruppe in una sonora risata e rispose – « Oh oh! E se io non volessi addivenire a nessun pagamento? ».

« Allora o voltate il vostro somaro e tornate da dove siete venuto o prendete anche voi un bastone e cercate di passare con la forza!»

« Codesta ultima mi aggrada di più e datosi che sono avvezzo all'uso del bastone sarà mia cura massaggiarvi la schiena con esso! »

« Orsù dunque! Fatevi sotto giacchè sembrate molto sicuro di voi stesso…..ma prima le presentazioni. Io sono Grigula, fuorilegge, difensore dei deboli e degli oppressi e signore di questi luoghi! »

« Il mio nome è frate Karra. Monaco Errante combattente e cultore della buona cucina »

« Bene monaco, ora che ci siamo presentati ...in guardia! ». E così dicendo assestò una poderosa bastonata su una spalla del frate che incassò il colpo senza battere ciglio e sfoderando anch'egli da sotto il mantello un bastone di olivastro stagionato, lo fece mulinare sopra la testa e repentinamente lo calò in direzione della testa del suo avversario.

Questi schivò agilmente il colpo spostandosi di lato e abbassandosi. Contemporaneamente infilò il proprio bastone fra le gambe del monaco e effettuando un rapido movimento laterale gli fece perdere l'equilibrio.
Il buon frate tentò di reggersi a una delle funi del parapetto ma Grigula gli assestò una bastonata sulla mano che lo costrinse a lasciare la presa e così facendo anche il suo precario equilibrio. In conseguenza di ciò con una goffa piroetta precipitò di schiena e di culo in sa cora!

Al vederlo bagnato e coperto di fango, Grigula non potè trattenere un moto di simpatìa verso il giovane frate e gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi.
Ma frate Karra appena vide la mano tesa del fuorilegge la afferrò gli diede uno strattone così forte da far volare anche lui in acqua.
Tutt'e due bagnati e inzaccherati si guardarono in faccia e si sorrisero.
Più tardi, mentre si asciugavano i vestiti vicino ad un bel fuoco iniziarono a interrogarsi a vicenda.

Frate Karra disse di far parte della una nobile confraternita ormai quasi scomparsa dei " Monaci Erranti " la cui origine risaliva a due o tre secoli prima.
Alcuni erano esperti letterati, altri valenti uomini d'arme, altri ancora guaritori e scienziati. Nel loro girovagare avevano incontrato le più disparate civiltà e da esse avevano appreso tutti i segreti che potevano essere utilizzati per migliorare la condizione umana.
Questi monaci giravano il mondo facendosi portatori di ideali di fratellanza, uguaglianza e giustizia.
Poco graditi alle alte gerarchie ecclesiastiche per la loro attività in favore dei più sfortunati, erano stati privati dei monasteri e dei loro possedimenti e trasformati in pellegrini erranti. Essi però, lungi dal darsi per vinti avevano trasformato la loro eradicazione da un contesto geografico fisso in punto di forza e si recavano ogni contrada che richiedesse la loro presenza.

Ora Frate Karra appunto, si trovava nel Montiferru perché il Magistersuo diretto superiore lo aveva inviato in missione per aiutare la popolazione del borgo di Bonarcanto. Era stato scelto lui per la padronanza con la lingua sarda, in particolare con la variante del Montiferru essendo nativo di quelle parti. Tenne per se però il fatto di essere figlio di una ragazza di Bonarcanto e di padre ignoto. Che la madre morì durante un epidemìa di peste quando lui aveva solo 3 anni e che fù adottato dal Magister che lo allevò e lo introdusse ai misteri dei Monaci Erranti.

Grigula ascoltò con attenzione le parole del frate e infine domandò - « Dimmi frate, quali sono i problemi che il tuo Magister ti ha detto esserci a Bonarcanto? »

« Be’, paret che il vicerè spagnolo Don Presumìdo Maricòn de Playa y Castellano de Palacio riscuota dazi e decime esagerate e che la popolazione sia ormai a fàmmene. Chi si oppone viene fustigato o imprigionato in modo da fungere da esempio.
Paret fìnzas che l’Abate del Monastero di Sancti Romualdi Isidrus da Nurapolis, imponga ai pellegrini che a settembre affollano il novenàrio il versamento di un obolo molto consistente penas’iscomìniga! E che sia in combutta  col vicerè e si dividono da buoni compari i ricavati delle tasse e degli oboli. »

« Quello che hai detto corrisponde perfettamente alla realtà! In effetti quei due manigoldi mandano avanti questo giochetto da diversi anni. Hanno assoldato la marmaglia di ladri e delinquenti che abitano quel buco che viene chiamato Sancti Luxorius e da dove scendevano per fare razzie.
Ora però stanno avendo diversi problemi. Ho riunito una decina di baldi giovani che sono scappati dalle grinfie di Don Presumìdo Maricòn e con essi ho formato l’Alto Comitato di Liberazione di Bonarcanto, A.C.L.B. è la sigla che orna i nostri mantelli insieme all’effige de su Mazzòne
Ci siamo stabiliti nei boschi di Cracchedu che ora sono il nostro regno e da li muoviamo le nostre bardane per depredare i carri carichi delle decime riscosse dal vicerè e forzieri contenenti los euros delle tasse e degli oboli!
E anche i ladri prezzolati ormai si guardano bene dal farsi vedere dopo che li abbiamo bastonati per benino più di una volta! »

« RajuDe custu no ischìo nudda! Ma dimmi come fate ad avere tutte le informazioni per pianificare gli attacchi? E poi cosa ne fate del bottino? »

« Devi sapere Frate Karra, che abbiamo un informatore nel villaggio. O meglio un informatrice! ». Disse Grigula con un sogghigno e strizzando l’occhio. Poi continuò - « Stanca dei soprusi e delle violenze perpetrate dai due compari è stata lei a fondare la resistenza! »

« Queste si che sono buone notizie! Posso sapere il nome di questa persona? Però aspetta…questo bagno fuori programma mi ha messo appetito. Ite ‘ndi nàras si si leàus un abbìconiu intepettàntis chi mi nàras su contu? ».

 E senza attendere repliche tirò giù dal suo asinello sa bertula da cui tirò fuori sardizza, zerisu e trempàle, olìa cunfettàda, duos coccois, mettade pillottu de casu e una lire de chimbe litros de ‘inu. Con un gesto invitò Grigula a servirsi mentre lui senza fare complimenti si stava già riempiendo la bocca di cibo!

Il giovane fuorilegge estrasse uno strano coltello (che assomigliava molto a un coltello per scuoiare) e si tagliò una fetta di pane e un pezzo di formaggio e masticando lentamente continuò - « Visto che a questo punto credo di potermi fidare di te, ti dirò tutto.
La dama in questione è una discendente dei Giudici di Arborea e sui avi erano i signori di queste contrade. Hanno sempre amministrato le popolazioni che abitavano questi luoghi con giustizia e correttezza, affidando loro le terre e gli armenti e riscuotendo le decime in misura di non più del 5% della produzione e vigilando con i loro armati sulla loro sicurezza.
Il suo nome è Donna Golundrina de Bonarcanto e lei stessa partecipa agli assalti travestita da uomo!
Al termine della scorreria, lei rientra di nascosto nel suo palazzo diFuntana Lauru mentre noi trasportiamo il bottino a Cracchedu. Lasciati passare un paio di giorni, nottetempo portiamo tutto nelle cantine del suo palazzo da dove lei provvede a restituire al popolo il maltolto ».

« Commente a narrer ….non c’è bisogno del mio intervento. Ve la siete risolta da soli sa chistiòne…..»

« Aimè purtroppo non è così! Devi sapere che due settimane fà al palazzo di Donna Golundrina si è presentata la Madre Badessadella congrega delle Beghine di Bonarcanto ed ha implorato la nobildonna di poterle fare da dama di compagnia in quanto avendone fatto voto a Sancti Romualdi. Essendo pura d’animo e di cuore ha accettato di buon grado quanto propostole ignorando  che la MadreBadessa è l’amante segreta de vicerè il quale la condivide senza saperlo con l’abate Isidrus e che sicuramente manovra sia l’uno che l’altro. Non si muove foglia a Bonarcanto a sua insaputa ed è temutissima da tutti.
Stà di fatto che dopo pochi giorni questa sciagurata, con l’aiuto dell’abate, ha denunciato Donna Golundrina al tribunale dell’inquisizione e due giorni fa è stata arrestata con l’accusa di stregoneria!
Adesso è rinchiusa in una cella della torre del campanile in attesa del processo che sicuramente sarà una farsa e si concluderà con la condanna al rogo. Si dice che abbiano già fissato la data del supplizio…il 7 febbraio durante i festeggiamenti per Sancti Romualdi sarà arsa viva nel piazzale della basilica! ».

Il monaco dopo una lunga sorsata di vino si asciugò la bocca con la tonaca e porse sa lire a Grigula.
Si sdraiò vicino al fuoco appoggiando la schiena a  s’imbastu.
Grattandosi il basso ventre con fare pensieroso disse - «Male raju! Se c’è di mezzo l’Inquisizione la faccenda si complica maledettamente! Il Papa e l’Imperatore hanno iniziato la caccia alle streghe dopo i due falliti attentati ad entrambi ad opera degli Psicolabili, una setta segreta che è intenzionata a destabilizzare il mondo cattolico e sovvertire l’ordine naturale delle cose. Eppure bisogna fare qualcosa. La dottrina dei Monaci Erranti impone di agire in difesa della libertà e della giustizia! »

Grigula concordò con il buon frate e propose di mettersi in cammino per il suo covo  dove avrebbero potuto elaborare un strategia per liberare Donna Golundrinae impedire ai due loschi compari di realizzare i loro piani.

E così si misero in cammino versoCracchedu.


Continua……..









Le Cronache di Bonarcanto - parte seconda.

Mentre camminavano portandosi dietro l’asino, Frate Karra senza farsi vedere osservò bene il suo compagno di viaggio.
Grigula aveva il viso abbronzato di chi passa la maggior parte del suo tempo all’aria aperta. Capelli di un color castano chiarissimo con riflessi biondo-ramato, erano lisci e portati lunghi con due treccine ai lati del viso. Gli occhi avevano quasi un taglio orientale ed erano marroni con riflessi verdi.
Di robusta corporatura, era solo di un paio di cm più basso del frate (che era ritenuto quasi un gigante ) ma altrettanto muscoloso.

La cosa che lo incuriosiva di più però era il suo abbigliamento. La parte superiore del corpo era coperta da una camicia di lana con sopra un corpetto in cuoio con ancora il pelo nella parte esterna e sopra entrambi, una giubba di spessa stoffa di lana di colore blù scuro e con dei grandi bottoni di ottone.
Ai fianchi portava un largo cinturone in cuoio nero da cui sporgeva il manico di uno strano coltello.
Completava il resto dell’abbigliamento qualcosa che il Monaco Errante aveva solo sentito nominare da alcuni suoi confratelli che erano stati nelle terre di Albione: un gonnellino di lana lungo fino alle ginocchia a scacchi con colori verde,nero e bianco!
Ai piedi poi calzava morbidi stivali in pelle di daino.

«Il tuo vestiario è veramente bizzarro. Il gonnellino qui si porta scuro e si indossa sopra le braghe! Tue ivvèzze paret ca no pòrtas nudda a de sutta! »

Grigula sorrise e rispose - « Non ti sbagli! Infatti non indosso niente …..così è l’usanza dei popoli delle Terre Alte lassù al nord della grande isola di Albione. In questo modo è più facile far vedere gli attributi ai nemici! »

« Infatti mi sembrava di aver sentito parlare degli usi di quelle popolazioni. Guerrieri tremendi e indomiti a quanto pare…..ma tue commènte mai ti ‘estis commènte issos? »

« Sono nato nelle Terre Alte del grande nord. Mio padre era un mercante di Calmedia ed esperto marinaio, essendo sempre alla ricerca di nuovi mercati si spinse fino ad Albione e navigando lungo le sue coste sempre più a nord arrivò alle Terre Alte dove i ghiacci gli impedirono di proseguire.
Trovò ospitalità per l’inverno presso la popolazione locale e li conobbe mia madre. La sposò e prese il mare con lei all’inizio dell’estate per tornare in Sardegna. »

« Issara ses po mettade furìsteri! Ecco il perché del colore dei tuoi capelli! Ma il tuo nome….? Non è sardo…….»

« Mia madre è morta dopo avermi partorito e quando avevo solo 2 anni mio padre non è più tornato da uno dei suoi viaggi.  Mia madre apparteneva al clan dei Mc Grigula ed i loro colori erano il verde, il nero e il bianco. Io ho preso il suo nome e i colori del suo clan! »

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« Tutto si spiega dunque. ….mèda du e chèret ancora de cammìnu? »

« No. Un paio di miglia e siamo arrivati. »

Dopo circa mezzora arrivarono a Cracchedu.
L’accampamento di Grigula era in mezzo alle querce e consisteva in una mezza dozzina di grandi“pinnettas” messe in cerchio intorno a uno spazio comune con un grande fuoco al centro e dei tavoli messi sotto a una grande tettoia.
Appena arrivati furono accolti con calore dai compagni di Grigula che lo informarono dell’arrivo di due visitatori.

« Dove avete sistemato i visitatori? »

« Ti aspettano nella tua pinnetta. Hanno detto che meno gente li vede e meglio è……»

« Va bene andiamo a fare la loro conoscenza. Frate Karra seguimi…..»
Grigula si diresse verso una delle costruzioni e scostata una porticina fatta di canne entrò seguito dal frate.
All’interno li accolse un ambiente poco illuminato, con un fuochile al centro in cui ardeva un fuoco che appunto era l’unica fonte di luce.
undefinedDue figure si alzarono al loro ingresso e il più alto parlò -  « Alla buon’ora! Credevamo ti avessero catturato i banditi diSancti Luxorius o rapito sa pantamma ‘e baurezas! »

« Tò chi si vede! Il guardaboschi di Donna Golundrina. Barolus Viginti in persona! E il tuo compagno chi è? »

« È l’alchimista di palazzo.Polusgamus da Pedimonte che ha notizie sul processo della mia Signora! »

« Parla alchimista! Cosa sai? »

« Purtroppo non ho buone notizie! L’inquisitore venuto da Roma ha ascoltato tutte le testimonianze ed ha emesso la sua sentenza. È stata la testimonianza della Madre Badessa che ha giurato di avere visto Donna Golundrina officiare riti blasfemi insieme alla setta degliPsicolabili di cui è adepta!
Grazie a queste falsità ora non c’è più speranza. Il destino della nostra amata Signora è scritto: perirà sul rogo il giorno della festa di Sancti Romualdi. »

Dopo queste parole calò un silenzio gelido.
Grigula si sedette su uno sgabello di ferula con la faccia pensierosa.
Anche gli altri lo imitarono e presero posto accanto a lui.
Finchè il guardaboschi Barolus esclamò - « Bisogna fare qualcosa! Non possiamo lasciare che l’unica persona che ha a cuore i poveretti di Bonarcanto venga tolta di mezzo a causa dei complotti di quei due miserabili! »

« È vero » - convenne Grigula « E qualcosa ho già in mente, solo che mi manca ancora da definire qualche particolare. Ho intenzione di effettuare un attacco a sorpresa e liberare la prigioniera il giorno stesso del supplizio.
Ho paura però che il Vicerè riesca a far arrivare di rinforzo i ribaldi diSancti Luxorius e così esserci superiori di numero. Mi serve un piano per impedire che i rinforzi arrivino in tempo ».

Frate Karra, che era rimasto finora in silenzio, si alzò in piedi di scatto come se gli fosse balenata in testa un idea folgorante e chiese  «Namm’unu pagu……da che strada arriverebbero i manigoldi per portare soccorso a Don Presumìdo? » « Dalla vecchia strada dei ladri di bestiame che dal loro covo porta a Bonarcanto passando daPonte ‘Ezzu. Perché, cos’hai in mente » - rispose il guardaboschi che conosceva tutto il territorio.

« E tu Polusgamus buon alchimista, sai cos’è una lanterna magica e soprattutto potresti procurarne una? ». Il piccolo uomo di scienza si illuminò di un sorriso furbo e rispose - « Oh! Certo che so cos’è una lanterna magica tant’è che ne ho persino costruita una che tengo nel mio laboratorio! »
« E issàra appo zappau s’intrècchedde! »  « Questa proprio non l’ho capita! » – disse Grigula   perplesso. « Scusa e che a volte mi viene in automatico parlare in limba. Voglio dire che ho trovato la soluzione al problema! » precisò il monaco.
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Ciò detto si sedette di nuovo e abbassando la voce in modo da farsi sentire a mala pena solo dagli altri occupanti lapinnetta spiegò loro quale stratagemma aveva escogitato per bloccare i rinforzi provenienti daSancti Luxorius.
Intanto chiese a Barolus Viginti di procurare un  grande telo bianco da appendere all'imboccatura del lato del ponte che da' a Bonarcanto. Questo avrebbe fornito da supporto alle immagini che la lanterna magica dell’alchimista avrebbe proiettato. Queste immagini dovevano rappresentare una torma di cavalieri armati che si lanciavano al galoppo attraverso il ponte.
Inoltre bisognava produrre frastuono, grida e rumore di armi in modo che la cosa sembrasse più veritiera.
Barolus Viginti sorrise e assicurò che si sarebbe occupato lui di tutto e si sarebbe portato dietro anche il suo famoso corno da battaglia ( lo aveva trovato in una delle sue escursioni nei nuraghi della zona e riteneva fosse uno strumento usato dalle antiche popolazioniShardana in battaglia) con cui avrebbe simulato ancora meglio una carica.

« Bene! Tutto questo dovrebbe bastare a dare tempo a Grigula di assaltare con i suoi uomini la torre del campanile e liberare Donna Golundrina. Attenzione però….l’intera azione si deve svolgere a s’iscurigàdorzu in modo che le immagini della lanterna magica siano più verosimili e nessuno si accorga dell’inganno! » disse il buon monaco.
Grigula che fino ad allora aveva ascoltato in silenzio, annuì serio  « Si. La cosa potrebbe funzionare. Tutto dipenderà dalla nostra rapidità in modo da sfruttare a fondo l’elemento sorpresa. Dovremo essere coordinati e avere un tempismo perfetto altrimenti il nostro fallimento sarà sicuro e le saranno conseguenze terribili. Il Vicerè e l’abateIsidrus saranno spietati e si vendicheranno anche sulla popolazione! » - i suoi compagni annuirono consci della responsabilità che si erano assunti e della gravità delle conseguenze di un loro fallimento.
« Si stà facendo buio » - disse il guardaboschi Barolus - « è ora che io e Polusgamus rientriamo a Bonarcanto approfittando dell’oscurità per non farci notare. Appena quanto avete chiesto sarà pronto ve lo faremo sapere. » - così entrambi si alzarono in piedi e dopo un rapido saluto al fuorilegge e al frate, uscirono dalla pinnetta e si avviarono veloci su un sentiero in mezzo al bosco che li avrebbe condotti fino a Bonarcanto.

Appena i due si furono allontanati Grigula offrì la propria ospitalità al frate che senza farselo dire due volte accettò. Si sdraiò sopra un pagliericcio vicino al fuoco, si coprì col grosso mantello di lana grezza e dopo pochi minuti già russava immerso nel sonno.
Grigula invece non riusciva a dormire. In preda all’inquietudine la sua mente vagava sull’impresa che avevano progettato cercandone eventuali punti deboli o punti da perfezionare. Ma per quanto si sforzasse non riusciva a trovare difetti o ad apportare migliorie.

Di scatto si alzò in piedi, uscì all’esterno e senza essere visto si addentrò nel bosco fino ad arrivare ad una radura a circa un paio di miglia dal suo accampamento.
Dopo essersi accertato  che nessuno lo avesse seguito tracciò un cerchio sul terreno con all’interno di esso uno strano simbolo e si sedette su di esso a gambe incrociate.
Estrasse il coltello che aveva alla cintura e conficcandolo con forza nel terreno davanti a lui esclamò - « O mio nume tutelare, possente spirito che tutto vede e tutto conosce! Mostrati al mio cospetto! In nome del talismano che è qui davanti a me appalèsati potente Iscorza Arbeghes de Norghiddo! »
Appena pronunciato quel nome di fronte al giovane apparve un vortice di fumo grigio che roteava sempre più velocemente e scomparve in un bagliore accecante e preceduto da una sonora scorreggia apparve lo spirito evocato. S’Iscorza Arbeghes de Norghiddo torreggiava davanti al giovane seduto in terra!

« Salute a te mio diletto! Quale urgenza ti ha spinto ad evocarmi ed ad aprire il varco spazio temporale con il Talismano? »

« Necessito del tuo consiglio o possente Iscorza! Mi accingo ad un intrapresa assai perigliosa e gravida di catastrofiche conseguenze qualora non andasse in porto. »

L’essere soprannaturale al sentire queste ultime parole mostrò un aria incuriosita e chiese di rimàndo - « Tutte le tue azioni hanno sempre avuto delle conseguenze non da poco su chi ti stà intorno ed ha fiducia in te. Non è la prima volta che ti assumi dei rischi. Perché ora sei incerto e titubante? »

«Perché stavolta non si tratta solo di coinvolgere i miei compagni di avventure. Qualora quello che ho in mente dovesse fallire sarà l’intero popolo di Bonarcanto che potrebbe patire delle gravi conseguenze. Questo è quello che più mi preoccupa! ».

SIscorza Arbeghes scoppiò a ridere  e con espressione maligna disse - « Non ti preoccupare della salvezza di quella gente. Preoccupati della tua. Ricordati che il popolino è sempre dalla parte di chi dà di più o promette di più, il più forte per loro ha sempre più fascino del più onesto. Perciò finchè il tuo operato porterà loro benefici essi ti seguiranno fino all’inferno o fino a quando qualcuno non offrirà loro di più!
Perciò non ti curar di loro…..sono sopravvissuti a mille dominazioni e a mille pestilenze, sopravviveranno anche alla tua impresa ! E comunque io ti sarò sempre affianco a proteggerti qualora qualcosa non andasse per il verso giusto.» - questo disse e subito dopo sparì in una nube di fumo puzzolente.
Rimasto solo il giovane fuorilegge si alzò in piedi e con un ramo strappato da un cespuglio cancellò i segni che aveva tracciato per terra e con l’animo più sollevato fece ritorno verso il suo accampamento.


Intanto a Bonarcanto il vicerè dormiva sonni agitati.
Era andato a letto presto, senza indugiare come al solito nel dopocena con la sua corte di debosciati e ruffiani. Don Presumìdo Maricòninfatti era solito gozzovigliare fino alle prime ore del mattino fra vino, musici e donne di facili costumi.
Ma quella sera aveva un tarlo che gli rodeva, quasi la sensazione di un pericolo imminente.
Si stava avvicinando il giorno dell’esecuzione di Donna Golundrìna e non voleva che niente andasse storto visto il gran brigare che aveva fatto e le borse d’oro che aveva elargito per ottenere una condanna che mettesse fine definitivamente a colei che rappresentava l’ostacolo più grande sulla strada del completo dominio di quella sfortunata contrada.
Tuttavia quella sgradevole sensazione di pericolo non lo abbandonava e gli impediva di godere dei suoi soliti piaceri ma addirittura lo privava del sonno.
D’impulso si alzò e si vestì. Scelse un grande mantello scuro con il cappuccio in modo da non essere riconoscibile. Chiamò due servi fra i più robusti e li fece armare di pugnali e bastoni nascosti sotto i mantelli, con questi di scorta uscì da una porta secondaria del suo palazzo e si incamminò verso il monastero di Sancti Romualdi.

Giunsero nei pressi del monastero senza incontrare nessuno e uno dei servi bussò alla porta laterale che di solito veniva utilizzata per il passaggio della manodopera che lavoravano le terre dei frati. Essi infatti non lavoravano più la terra ma obbligavano con minacce di scomuniche e di dannazione eterna i poveri massaios di Bonarcanto a svolgere a gratis il lavoro per loro conto. Perciò quella povera gente si prendeva cura dei greggi e degli armenti, delle terre e degli orti e non veniva ricompensata in nessuna maniera.
Ma questo al Vicerè non importava. A lui interessava solo riscuotere le decime e se quelli campavano o perivano erano affari loro.

Dopo ripetuti colpi alla porta finalmente si aprì uno sportello che fece intravvedere il viso rubicondo di un frate che li apostrofò - « Chi è il malnato che a quest’ora di notte bussa alla porta? »  

« Fossi in te modererei il linguaggio, frate! » - disse uno dei servi - « Il mio signore non è uomo avvezzo ad aspettare fuori dall’uscio come un questuante ne tanto meno a sopportare insulti da un misero frate pederasta! »

Appena pronunciate quelle parole Don Presumìdo gettò indietro il cappuccio e scostando in malo modo il servo che aveva davanti, si parò davanti allo sportello e si fece vedere bene in viso.
Il povero frate appena riconobbe chi gli si parava dinnanzi diventò paonazzo in viso, farfugliando scuse e implorando perdono aprì la porta e si fece da parte per far entrare il Vicerè e la sua scorta.

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Continua…….







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La novella da Bonarcanto - Terza parte - Autore: Grigula - Disegni di Barole


Entrando nel cortile del monastero, il vicerè si rimise il cappuccio e con fare sprezzante si rivolse
al frate - « Vai a chiamare il tuo Abate e digli che ho urgenza di conferire con lui. Lo aspetterò di là,
nel loggiato e bada che non mi faccia attendere troppo! » e così dicendo voltò le spalle allo
sbigottito frate e si avviò verso la lunga fila di colonne che delimitava il cortile interno del
monastero.
Il frate intanto si mise a correre in direzione delle celle e dopo pochi istanti stava già bussando
vigorosamente alla porta di quella dell’Abate Isidrus.
Questi andò ad aprire la porta con gli occhi ancora impiastricciati dal sonno e dalle libagioni e si
trovò dinanzi il suo sottoposto - « Per Deu Santu! Cosa succede? Cos’è tutta questa furia…hai visto
gli spiriti dei morti o ti sei attaccato al fiasco? »
« Perdonate Eccellenza, nè l’uno nè l’altro! Vi reco disturbo perché avete una visita….il Vicerè
desidera conferire con voi urgentemente e vi attende nel loggiato. » - all’udir ciò all’Abate si schiarì
all’istante il cervello e reprimendo un brivido di paura si gettò sulle spalle un pesante mantello e si
precipitò all’esterno della sua cella. Con passo svelto, tanto quanto gliene consentiva la sua
considerevole mole, si avviò ad incontrare il suo visitatore notturno.
Arrivato che fu al loggiato scorse alla fievole luce della luna piena una figura alta ammantata di
nero e sentì un brivido di freddo corrergli lungo la schiena.
Appena fu davanti al suo ospite mormorò in tono ossequioso - « Eccellenza, quale urgenza la porta
a quest’ora presso di me? Se sua Grazia avesse inviato un messaggero mi sarei recato io a palazzo
senza procurargli nessun incomodo ».
La figura ammantata abbassò il cappuccio palesando il volto e con una mossa rapida afferrò il
bavero del mantello dell’Abate e avvicinandolo il volto al suo sibilò - « Dubito che ti saresti
precipitato! Grasso otre pieno di vino! » e con una spinta lo mandò a sbattere conto il muro della
Cappella.
« Eccellenza..! » - piagnucolò l’Abate - « perché mi trattate così? Sono sempre stato un vostro
devoto alleato….cosa è cambiato? Perché siete adirato con me? »
« Tu dormi sonni beati, frate! Ma se Golundrina non brucerà sul rogo la prigione sarà la tua futura
dimora! E non mi trascinerai nella tua rovina! » - ringhiò inviperito il Vicerè - « Ho bisogno di
sapere se qualcuno ordisce delle trame a nostra insaputa per ostacolare quanto deciso dal Tribunale
della Santa Inquisizione.
Domani so che inizierete le veglie e le confessioni in onore di Sancti Romualdi. Perciò il popolo
verrà a confessarsi in massa per avere l'assoluzione e la benedizione del Santo.
Devi fare in modo di scoprire se c'è in ballo qualcosa! »
« Ma Vostra Grazia, la confessione è segreta! »
« Anche che tu ti corichi con delle meretrici è un segreto. Ma credo che al tuo Arcivescovo
interesserà molto saperlo e soprattutto non dal confessionale! » - l'Abate impallidì e si portò le mani
alla bocca per fermare il tremito ai denti. - « Non c' è bisogno di ricorrere a questi mezzi. Farò come
voi dite. Darò istruzioni ai Padri Confessori che facciano domande alla gente in modo da scoprire se
qualcuno ha intenzione di opporsi all'esecuzione della sentenza! » - Don Presumìdo sogghignò
soddisfatto all'udire la promessa del frate - « Buon per te, Isidrus. Fai in modo di acquisire
informazioni adeguate dimodo che nessun ostacolo si frapponga ai nostri piani. » - l'Abate chinò il
capo in segno di obbedienza e quando lo rialzò si accorse di essere solo. Si voltò di scatto verso il
cortile e riuscì a scorgere solo un lembo di mantello che scivolava attraverso la porta laterale del
monastero.
Al campo dei fuorilegge le attività fervevano di prima mattina. Al centro dell’accampamento,
giorno e notte era sempre acceso un grande fuoco che veniva utilizzato per cucinare, riscaldarsi e
all’occorrenza come fucina, perciò in quel momento c’era chi preparava la colazione e chi faceva
manutenzione alle armi.
Grigula e frate Karra passeggiavano intorno controllando le attività e dispensando buoni consigli.
Invero il buon frate faceva tutto ciò senza tralasciare un attimo di ficcarsi in bocca grossi pezzi di
pane e strappare grandi morsi di sardizza da un “lobu” intero che brandiva in una mano!
« Credo che sia opportuno iniziare ad addestrare gli uomini in modo che siano pronti quando sarà il
momento di agire » -disse Grigula osservando il movimento intorno a lui.
« Certo! E ad’esser menzus a si movver puru! Appena Barolus e Polgamus avranno approntato
quanto concordato dovremo agire senza indugio. Mancano solo 2 giorni alla festa e al supplizio di
Donna Golundrìna. » - Grigula annuì e portandosi le dita alla bocca fece partire un fischio modulato
che attirò l’attenzione di tutti gli uomini presenti che gli si avvicinarono.
« In vista del’impresa che ci attende è meglio addestrarci al meglio. So che il coraggio e l’abilità
non vi manca….ma gli uomini del Vicerè ci daranno del filo da torcere. Stavolta non si tratta di
assalire un carro difeso da un pugno di uomini. Dovremo attaccare la roccaforte del nemico,
espugnare la torre del campanile e liberare Donna Golundrìna de Bonarcanto che ivi è tenuta
prigioniera in attesa di essere bruciata nel rogo del falò in onore di Sancti Romualdi! » - disse
queste parole camminando fra i suoi uomini e guardandoli in viso ad uno ad uno - « Ci divideremo
in due squadre. Una la comanderò io e l’altra il frate. Con me vi addestrerete all’uso dell’arco e del
pugnale in quanto la spada ci sarà di scarsa utilità nella confusione che si creerà al nostro attacco.
Con frate Karra userete il bastone e le pietre. Queste ultime le utilizzerete anche in un altro modo
oltre che al lancio “ a coddu frimmu “, egli ha appreso l’arte di maneggiare la fròmbola durante i
suoi viaggi in Oriente e vi insegnerà a costruirla e a maneggiarla ».
Ciò detto gli uomini si divisero in due squadre di 15 e seguirono i rispettivi addestratori all’esterno
del campo.
Grigula divise li divise in gruppi di due compreso egli stesso ed estratta dalla cintola s’arresoza ‘e
iscorzare iniziò l’addestramento dei suoi che intanto avevano impugnato dei lunghi pugnali.
Frate Karra intanto aveva fatto tagliare dei pezzi di cuoio robusto in modo che ognuno potesse
contenere un sasso della grandezza di un pugno. Dopodichè fece praticare dei fori ai bordi delle
pezze di cuoio e fece passare delle cordicelle che furono annodate ai fori. In men che non si dica
tutti gli uomini avevano a disposizione una nuova arma.
Il frate mandò al fiume un paio di loro perché riempissero dei grossi contenitori di sughero con dei
ciottoli levigati che sarebbero serviti da proiettili per le frombole e a gli altri fece costruire dei
fantocci con rami e paglia che avrebbero funzionato da bersagli per le esercitazioni con la frombola
e con gli archi.
Tranne una piccola pausa per mangiare qualcosa a mezzodì, le esercitazioni si protrassero per tutto
il giorno e solo al calar del sole, stanchi ma soddisfatti rientrarono tutti all’accampamento.
I progressi della giornata erano stati notevoli. I fuorilegge avevano appreso velocemente l’uso della
frombola e gia più della metà di loro riusciva a colpire un bersaglio fisso a 100 passi!
Tutti invece erano dei veri maestri nel lanciare le pietre a coddu frimmu, specialità nella quale
eccellevano per tradizione tutti i bonarcantesi. Si diceva infatti che un bonarcantese fosse capace di
tirar giù da cavallo un bandito di Sancti Luxorius con un sasso scagliato da più di 50 passi!
Anche con l’arco, grazie agli insegnamenti di Grigula i progressi erano stati evidenti. Perciò ora
potevano contare su due armi da utilizzare alla lunga distanza. Nel combattimento corpo a corpo
avrebbero usato principalmente i bastoni e all’occorrenza i micidiali pugnali affilatissimi che ogni
fuorilegge portava infilato alla cintura o all’interno di un fodero nascosto negli stivali.
Frate Karra appena tornato all’accampamento si diresse verso il fuoco ed estratti dalle sue bisacce
alcuni tegami e costruitosi un lungo spiedo di legno si apprestava a dare un saggio delle sue
capacità culinarie. Invero la sua cucina era alquanto strana in quanto soleva utilizzare ingredienti
tradizionali tipici della Sardegna insaporendoli con spezie esotiche che si era abituato a utilizzare
grazie ai suoi lunghi soggiorni in Oriente.
Nello specifico quella sera si esibì nel preparare carne di cinghiale con funghi porcini raccolti nel
bosco, olive, alloro, peperoncino e una generosa annaffiata del potente vino rosso delle vigne di
Bonarcanto. Preparò anche mezza dozzina di conigli arrostiti allo spiedo e dorati con lardo di
maiale fuso che colava da uno spiedo tenuto in mano da uno degli uomini di Grigula all’uopo
istruito. Il tutto fu generosamente innaffiato con vino rosso aromatizzato alla cannella all’usanza
orientale.
Dopo l’abbondante pasto, gli uomini stanchi dal duro addestramento della giornata andarono a
gettarsi nei pagliericci e presto tutti furono immersi in un sonno ristoratore.
Grigula e frate Karra si trattennero invece vicino al fuoco e una volta di più esaminarono il loro
piano nei minimi dettagli e solo passata che fu la mezza, col ventre pieno e la mente leggera anche
loro imitarono il resto degli uomini e andarono a dormire.
La vigilia della festa del patrono fu annunciata ai bonarcantesi dalle campane che suonavano ogni
quarto d’ora e chiamavano i fedeli alla Basilica per le confessioni.
L’Abate Isidrus aveva istruito a dovere i 4 suoi confratelli che avrebbero avuto il compito di
confessare e assolvere il popolo di Bonarcanto. In particolare aveva chiesto loro di indagare le
menti di quei poveri di spirito per carpire informazioni utili ad appurare se qualcuno avesse in
mente di opporsi all’esecuzione della sentenza della Santa Inquisizione.
Egli stesso aveva preso posto in un confessionale e si faceva mandare però solo le donne. Infatti da
un po’ questa era una consuetudine con la quale soleva stuzzicare le sue voglie pruriginose
attraverso l’ascolto dei particolari della vita intima di quelle poverette.
Ma quel giorno il suo intento era un altro. Era certo che se gli uomini non avrebbero rivelato segreti
neanche nel confessionale, al contrario lo avrebbero fattole donne in quanto da sempre più timorose
dell’autorità religiosa. In particolare era ansioso di poter confessare la priorissa di Sancti Romualdi
che quell’anno sarebbe stata la più anziana delle donne che quell’anno avrebbero compiuto 40 anni.
L’Abate infatti già da un paio di anni aveva introdotto la regola che i festeggiamenti in onore del
patrono sarebbero stati gestiti dalle donne che compivano 40 anni e che la priorissa sarebbe stata la
donna che festeggiava per prima il compleanno e particolare non trascurabile, finora era anche
riuscito sempre a giacere con essa, circuendola o ricattandola a seconda dell’indole della donna.
Per l’Anno Domini 1470 priorissa di Sancti Romualdi era Bonacata Armunza, moglie di Antoni
Errùdu che era il custode delle vacche di Donna Golundrina.
Su ‘Accarzu come lo chiamavano in paese, era un uomo di rara bruttezza e che aveva trovato moglie
nella procace Bonacata per non si sa quale fortunato caso. In verità la fortuna non c’entrava per
niente. Era stata la Madre Badessa lontana parente e protettrice della giovane Bonacata che la aveva
indotta a sposare su ‘Accarzu per potergli carpire informazioni e notizie sulla sua padrona
Golundrina.
Antoni Errùdu aveva però anche un altro pregio. Il suo unico fratello Liccu, era stato imprigionato
dagli sgherri del Vicerè perché aveva zogàu a istoccadas l’esattore delle decime ma era riuscito a
fuggire prima del processo e si era unito alla banda dei fuorilegge di Grigula.
Isidrus era al corrente di tutto ciò e aveva sollecitato Bonacata a circuire il povero mandriano per
estorcerli informazioni ed ora la attendeva con ansia nel confessionale.
La priorissa fece la sua comparsa nella Basilica subito dopo il tocco di mezzodì e fu prontamente
indirizzata verso il confessionale in cui la attendeva l’Abate. Li giunta si inginocchiò ad un lato del
confessionale e a quel punto Isidrus aprì con impazienza lo scurino del confessionale e si trovò a
fissare con sguardo laido la generosa scollatura della donna.
« Allora Bonacata » -sussurrò il religioso - « Sei riuscita ad avere nuove da tuo marito? » « Sapete
bene Eminenza, che quello sgorbio non resiste alla vista delle mie grazie e con la promessa di
giacermi con lui questa notte sono riuscita a carpirgli interessanti nuove! » - rispose la priorissa con
un sorrisetto ironico - « Parla allora cosa aspetti! Ti avverto che il Vicerè ha molto a cuore che tutto
vada per il meglio e chiunque rechi preziose informazioni sarà lautamente ricompensato. »
E così la sciagurata riferì all’Abate che su ‘Accarzu era andato a portare viveri a suo fratello Liccu
presso l’accampamento dei fuorilegge a Cracchedu. Là aveva visto che tutti erano indaffarati come
se stessero preparando qualcosa. Chi si addestrava all’uso delle armi, chi affilava spade e pugnali,
chi confezionava frecce. Aveva anche visto da lontano una figura imponente che sembrava vestire
un saio da frate.
Costui non sembrava un frate del convento e inoltre con un bastone riusciva a tener testa a quattro
uomini anch’essi armati di bastone per cui l’ingenuo Antoni Errùdu pensò di aver esagerato un
pochino con s’abbardente che aveva trangugiato quella mattina prima di muovere verso Cracchedu.
All’udire quanto aveva appena detto la priorissa, Isidrus assunse un aria preoccupata e congedò
bruscamente la donna. Dopodichè uscì precipitosamente dal confessionale e avvoltosi nel mantello
si gettò fuori dalla basilica e a passi veloci si diresse verso il palazzo del Vicerè.
A palazzo fu introdotto al cospetto di Don Presumìdo Maricòn che si trovava nella sala dei banchetti
per il desinare di mezzodì.
Il Vicerè appena lo vide entrare, con un gesto gli indicò di avvicinarsi e per evitare orecchie
indiscrete fece uscire tutti dalla sala. - « Spero mi porti novità Abate e che non mi abbia disturbato
solo per accampare scuse e giustificazioni sulla tua inefficienza! » - « Eccellenza, reco sì novità ma
credo che non vi saranno particolarmente gradite. Sembra che all’accampamento dei fuorilegge ci
sia più movimento del solito e che addirittura siano arrivati dei rinforzi. » - « Allora le mie
premonizioni non erano errate! Quei malnati hanno intenzione di fare qualche colpo di mano per
impedire l’esecuzione della sentenza! » - disse rabbiosamente tracannando un boccale di vino tutto
d’un fiato - « Ma non resterò con le mani in mano ad aspettare il loro agire! Isidrus, manda uno dei
tuoi monaci a Sancti Luxorius, porterà questo messaggio al capo dei briganti Deddègu Caricagàdu.
Deve riferire che io Don Presumìdo Maricò de Playa y Castellano de Palacio Vicerè della contrada
del Montiferru gli ordino di radunare tutti i suoi uomini e di essere a Bonarcanto prima del
crepuscolo in modo da creare insieme ai miei uomini un ostacolo invalicabile a chiunque voglia
opporsi al rogo di Golundrina! »
L’Abate si ritrasse impaurito dalla rabbia che traspariva dal volto del Vicerè -« Ma…. Vostra Grazia,
perché non mandate uno dei vostri servi su un veloce cavallo? Arriverà molto prima di un mio
monaco su un modesto somaro! » - Don Maricòn furibondo afferrò l’abate per la tonaca e
schizzando rabbia e saliva ruggì « Idiota! Se i fuorilegge stanno tramando qualcosa sicuramente
terranno d’occhio tutti i movimenti dei miei uomini. Perciò appena vedranno uno dei miei servi che
si dirige a spron battuto verso il covo dei ladroni, ci metteranno poco a capire che sta’ andando in
cerca di rinforzi e lo bloccheranno sicuramente! Invece uno dei tuoi stupidi monaci non desterà
alcun sospetto! » e con una spinta gettò a terra il religioso che tremebondo non si azzardò neanche a
muoversi.
« Và ora! E fai quanto ti ho detto! Il tempo stringe e voglio essere sicuro che Deddègu Caricagàdu
riceva in tempo i miei ordini e si attivi al più presto. » L’Abate si rialzò da terra e incespicando nel
proprio abito guadagnò l’uscita della sala e poscia con un sospiro di sollievo uscì anche dal palazzo.
Stavolta l’erta salita che portava al monastero non gli sembrò così ripida come al solito e la percorse
in un baleno tant’è che in men che non si dica, paonazzo in volto e col fiato corto, irruppe nel
chiostro affollato a quell’ora dai frati che si recavano al refettorio per il desinare.
Alla vista del loro Abate col viso stravolto i confratelli si precipitarono presso di lui preoccupati.
Isidrus però li rassicurò sulla sua salute dicendo che era salito di corsa dalla Basilica al monastero
come penitenza in onore del Santo patrono. Dopodichè adducendo una scusa si ritirò nella sua cella
non senza aver prima chiesto che qualcuno rintracciasse frate Sonàzza che era giustappunto
l'addetto ai messaggi e alle ambasciate.
Giusto un paio di minuti dopo frate Sonàzza si presentò al cospetto del suo Abate che gli impartì le
istruzioni come ordinato dal Vicerè e si assicurò che venissero imparate per bene a memoria in
quanto non si poteva metterle per iscritto. Per due semplici motivi. Il primo era che se il frate veniva
catturato dai fuorilegge di Grigula, tramite il messaggio avrebbero scoperto la contromossa del
Vicerè. Il secondo, forse più importante, era che tanto il brigante Deddègu Caricagàdu non sapeva
assolutamente leggere!
C'era una sola strada che portava a Sancti Luxorius, e gli uomini di Grigula la tenevano sempre
d'occhio per non farsi sorprendere dai lestofanti sempre pronti ad effettuare scorrerie.
Quel giorno di guardia era rimasto il più giovane dei fuorilegge. Un ragazzo di soli 16 anni che
rimasto orfano di madre e di padre era stato accolto da Grigula nella sua banda.
Solitamente montava la guardia insieme ad un compagno più anziano ma quella vigilia del Patrono
era stato mandato solo in quanto gli uomini più esperti dovevano completare l'addestramento per la
missione del giorno dopo.
E forse fu proprio a causa della sua giovane età che quando vide avvicinarsi proveniente da
Bonarcanto un monaco a cavallo di un somaro, non si preoccupò né si insospettì più di tanto e con
indolenza si mise al centro della strada per bloccargli il passaggio sotto la minaccia di una freccia.
« Frimmu igùe su para! Dove ti rechi così di fretta? » - gridò con voce spavalda - « Mi reco a
Sancti Luxorius, bravo giovine! » - rispose in fretta Frate Sonàzza - « E cosa vai a fare in quel covo
di ladri? » - « Mi reco a portare l'olio santo a un moribondo e perciò ho molta prèscia.
Ancorchè siano dei peccatori, la carità cristiana impone la somministrazione dei sacramenti quando
richiesti. » - il giovane proruppe in una risata ironica e disse sprezzante « Per me possono crepare
tutti all'inferno quei dannati! » - e per sottolineare meglio quanto appena detto, sputò nella polvere
di fronte al frate. « Questo tuo dire non è da buon cristiano….e ti scuso causa la tua giovine età. Ma
ricorda che se quel poveretto dovesse morire prima del mio arrivo la colpa della sua dannazione
ricadrà su di te e ti perseguiterà per tutta la vita! ».
Quelle parole fecero breccia nella mente superstiziosa del ragazzo che subito abbassò l'arco e si fece
da parte per lasciare transitare il frate che con un gesto benedicente passò oltre e appena fu lontano
oltre una curva del sentiero, sicuro di non essere udito sommessamente iniziò a ridere


Quarta parte-La novella di Bonarcanto- Autore: Grigula - Illustrazioni: Barolus

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Il mattino di quel 7 febbraio del 1470 iniziò con una nebbiolina umida che alzatasi dai due fiumi principali ai piedi di Bonarcanto si era estesa a tutto il villaggio.


Era giorno di festa quello per tutti gli abitanti. Era il giorno in cui si festeggiava Sancti Romualdi patrono e protettore secolare di quei luoghi.
Era giorno di festa anche per il Vicerè che in quella malinconica giornata d’inverno avrebbe finalmente avuto il piacere di vedere levato di mezzo un grosso incomodo.
Quello era infatti il giorno stabilito per l’esecuzione della sentenza della Santa Inquisizione nei confronti della sua nemica Golundrina.


Mentre faceva colazione quella mattina decise che avrebbe fatto una visita di cortesia alla nobildonna in modo anche da sondarne l’umore e godere della sua disperazione.


Perciò appena terminato di mangiare, vestitosi con la divisa di comandante dell’esercito ( titolo che gli spettava di diritto in quanto rappresentante di sua maestà la regina di Spagna) con la spada al fianco e 5 uomini di scorta si avviò per l’erta salita che portava alla torre del campanile.

Quando aveva ricevuto l’incarico di Vicerè della contrada del Montiferru 10 anni prima, dopo solo 2 settimane dal suo insediamento aveva fatto eseguire degli scavi al di sotto della torre del campanile e li erano state costruite le segrete. In quelle buie e fetide celle venivano rinchiusi tutti quelli che si opponevano alla sua volontà.
A Golundrina aveva fatto riservare, in ragione dei suoi nobili natali, quella situata più in alto di tutte e che godeva di una piccolissima finestra con una grata da cui entrava un po’ di luce e aria pulita.

Arrivato alla torre vigilata da due soldati armati di tutto punto, bussò al portone e si trasse all’indietro aspettando che dall’interno aprissero.
Quasi subito si udì un rumore di catenacci e con un cigolio prolungato la porta si aprì mostrando un carceriere incappucciato che riconoscendo il suo Signore con un inchino si fece da parte per consentirne l’ingresso.
Don Presumìdo entrò lasciando all’esterno la sua scorta con i due armigeri e si diresse verso una stanzetta che fungeva da corpo di guardia. Lì lo attendeva il capo dei guardiani della torre.




« Allora Dominicus, come sta’ la nostra illustre ospite? » - disse sogghignando il nobile spagnolo –« Ha già detto le sue ultime preghiere? »
« Veramente Vostra Grazia, dovete sapere che quando dal convento è venuto frate Pittanus per confessarla e ungerla con l’olio dei moribondi, alle prime ha fatto finta di acconsentire ma quando il frate è rimasto solo con lei nella cella, gli è balzata addosso comente una dimònia ed ha cercato di strangolarlo con il cordone dello suo stesso saio! Raju e femmina forte! Se non fossimo accorsi io e l’altro carceriere a quest’ora frate Pittanus l’avrebbe preceduta all’altro mondo! ».


Il Vicerè cacciò un fischio e rise fragorosamente - « Be’, se qualcuno aveva ancora dei dubbi sul suo rispetto per la religione è stato accontentato! Bene, ora aprimi la sua cella che voglio parlarle. »


« Eccellenza lasciate che vi accompagni. Quella donna è pericolosa! »


« Non temere Dominicus! Io sono più esperto di un pulcioso frate e poi ho la mia spada e so come usarla. ».


Il capo dei guardiani annuì ossequioso e si voltò per fare strada al Viceré fino alla cella di Donna Golundrina. 
Alla cintura gli pendeva un grosso mazzo di chiavi e sceltane una la infilò nella toppa di una grata di metallo, effettuò tre giri di chiavistello ed estratta la chiave spinse la grata per far entrare Don Presumìdo.
Il Viceré prima di entrare diede uno sguardo alla cella semibuia e quando scorse una figura seduta su un pagliericcio, spalle al muro, mise la mano sulla spada che portava al fianco e con fare sicuro entrò nella prigione di Golundrina.
Guardandosi intorno assaporò il lezzo di quell’ambiente in cui era tenuta prigioniera una persona che già da un mese non aveva avuto la possibilità di fare un bagno.


Soddisfatto dell’umiliazione derivante dalla consapevolezza della stessa nobildonna di essere ormai ridotta quasi a guisa di un animale, accese un lume ad olio fornitogli dal capo dei carcerieri e lo avvicinò alla figura seduta.
Una luce gialla e ondeggiante illuminò Donna Golundrina che sollevando il capo con fierezza fissò negli occhi il suo persecutore e disse « Dicono che d’inverno i serpenti dormono nella propria tana. Ma a quanto pare il più grosso e viscido è ancora in circolazione! ».


Don Presumìdo si mise a ridere e mettendosi sotto il naso un fazzoletto di pizzo imbevuto di una fragranza profumata, rispose « Servo vostro, Donna Golundrina de Bonarcanto! Vedo che nonostante puzziate come un maiale, la vostra lingua è sempre affilata come un rasoio »


La poveretta arrossì conscia del suo misero stato e chinando il capo mormorò -« Se avessi la mia spada qui con me ora, vi farei assaggiare qualcos’altro di ben affilato !»


« Può darsi. Ma qui l’unico che è armato sono io e non vi illudete di poter fare con me quanto avete fatto con quel misero frate! Al vostro minimo movimento, con la mia spada leverò il divertimento alla gente che stasera non vede l’ora di riscaldarsi col vostro rogo.»


« Il popolo è dalla mia parte! E non resterà immobile ad assistere al mio supplizio! ».


Di nuovo il Viceré scoppiò a ridere - « Non ne siate così sicura. Non muoveranno un dito. Hanno troppa paura e poi perché dovrebbero rischiare la propria vita per difendere una che è comunque sempre al di sopra della loro condizione sociale.
Voi vivete in un palazzo e avete possedimenti e servi, non siete una di loro.
Il semplice fatto che voi li abbiate gratificati di elemosine o favori non vi assicura la loro fedeltà fino alla morte. Come si dice….”morto un papa……”».
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In preda alla rabbia la prigioniera si alzò in piedi ed urlò « Voi mentite, signore! Io ho cercato sempre di aiutarli e tutelarli secondo gli insegnamenti dei miei avi! Ricordatevi la mia discendenza ! Questa è sempre stata la terra dei Giudici di Arbarè prima che voi spagnoli ve ne appropriaste grazie agli intrighi del Papa e alla forza dei vostri eserciti! »




« Vecchie storie! Altri tempi. Ora la realtà è questa Isabella e Ferdinando sposi, hanno unificato Castiglia e Aragona e anche la Sardegna fa’ parte di questo unico grande regno. Il resto sono cronache e racconti per bambini!.».


Donna Golundrina mestamente si rimise a sedere dicendo « Ma non sarà sempre così. Anche voi passerete e noi rimarremo. Da qui son passati tutti…. Greci, Fenici, Cartaginesi, Romani, Genovesi, Pisani e ora voi Spagnoli…sopravviveremo a voi e a quelli che verranno dopo di voi. Combatteremo, moriremo ma non ci sconfiggerete mai perché siamo come la gramigna che non si riesce a estirpare. Siamo il sale della terra. Siamo un popolo. Siamo i Sardi! » e senza attendere ulteriori repliche dal suo interlocutore si coprì col mantello e voltò la faccia verso la parete, dando ad intendere che per quanto la riguardava quella conversazione era da considerarsi conclusa.


Don Presumìdo rimase un attimo interdetto da quello sfogo che lo lasciò senza parole. Spense con gesto rabbioso il lume e si girò per uscire non senza prima borbottare « Vedremo se stasera conserverai ancora tutta la tua superbia! ».




Lungo uno dei due fiumi principali che scorrevano ai piedi del paese, era stato costruito un mulino ad acqua. Esso rientrava nei possedimenti di Donna Golundrina che aveva voluto quell’opera per affrancare i poveri abitanti del paese dal dover pagare, seppur in natura, per l’utilizzo di quello del Monastero e quindi potersi tenere tutta la farina della molitura del grano prodotto.


Il mulino era gestito da un persona pagata dalla nobildonna. Il suo nome era Ambrogius e per tutti i bonarcantesi quello ormai era il mulino de ziuAmbrogius.
Ed è li che si incontrarono in segreto quella mattina Grigula, frate Karra, Barolus Viginti e Polusgamus da Pedimonte.





Il guardaboschi aveva avvertito che quanto richiesto era stato approntato e voleva mostrarlo al capo dei fuorilegge con cui voleva anche stabilire i tempi e le modalità dell’attivazione dello stratagemma.


« Bene, Grigula. L’armamentario per la messinscena è pronto. Resta solo di installarlo a Ponte Ezzu e tenersi pronti ad attivarlo semmai si presentassero i ladroni di Sancti Luxorius»


«Siete stati di parola, Barolus. Mi compiaccio. Quindi ora avremmo piacere di avere una dimostrazione di questa lanterna magica!»
« Siccome mi diletto di pittura, ho realizzato io le immagini che rappresentano la carica di cavalleria. Polusgamus invece ha preparato il grande telone e i supporti che lo reggeranno. Inoltre il manovratore della lanterna è lui perciò è suo il compito di mostrarvi l’effetto finale »


L’alchimista di Golundrina accese un lume al’interno di una strana scatola metallica da cui fuoriusciva un tubo largo mezzo palmo e chiuso all’estremità da un vetro. Ai lati del tubo, appena al di fuori della scatola erano presenti due fessure. 


« Ecco signori miei in breve come funziona questo apparecchio. All’interno di questa scatola è stato realizzato un gioco di specchi metallici che potenziano la luce proveniente dal lume e la incanalano verso questa sorta di tubo che la riduce a un fascio molto potente. Facendo passare davanti al fascio di luce questo telaietto in legno in cui sono stati inseriti i dipinti di Barolus e regolando il tubo per così dire, “mettere a fuoco” le immagini, esse vengono proiettate ingrandite fino avere delle dimensioni reali! ».


Ciò detto voltò la lanterna magica verso una parete bianca, infilò il telaietto con le immagini e miracolosamente si materializzò a grandezza naturale l’immagine di una torma di cavalieri armati di lance, spade e lanciati al galoppo!


« Meraviglioso! È proprio quello che ci serve! A sos bandìos de Sancti Luxorius no’ d’is ad’abbàstare mancu sa terra a cùrrere de sa timòria! » proruppe frate Karra entusiasta.






« Siete stati veramente in gamba!» - disse Grigula - « Se non sapessi che è un trucco, un illusione, ci cascherei anch’io»
L’alchimista abbassò il capo imbarazzato dai complimenti in quanto schivo per natura e portato a ritenere normale ogni cosa facesse.


Barolus invece era entusiasta e impaziente di vedere all’opera la loro ideazione e con quella far scappare a gambe levate i “luxuriosi”e rivolgendosi a Grigula chiese: « Quando hai intenzione di effettuare l’attacco per liberare la mia signora?»


« Appena sentirò il tuo corno da battaglia! Quello sarà il segnale per iniziare l’attacco. Se però dovesse tardare e Donna Golundrina fosse già legata al palo del supplizio, farò scoccare una freccia incendiaria su nel cielo sopra il piazzale della Basilica e a quel punto interverremo.»


Frate Karra annuì in segno di approvazione dicendo « B’andat bene! Ma forse a Barolus e Polgamus serviranno altri uomini per rendere più verosimile la messinscena »


« In effetti mi servirebbero almeno altri 2 uomini per aiutarmi a fare più rumore e poi potrebbero trascinare dei rami nella polvere, dietro il telone in modo tale che il maestrale lo spinga verso i banditi impedendo loro di accorgersi del trucco.» ammise il guardaboschi .


« Ebbene li avrai» promise Grigula « L’importante è impedire che i rinforzi raggiungano la piazza prima che noi abbiamo liberato la prigioniera. Ora però è meglio non trattenerci oltre. Il vicerè potrebbe avere delle spie qua intorno perciò usciremo ad uno ad uno e ci avvieremo per strade diverse».
Così fecero ed eludendo ogni eventuale sorveglianza dopo mezzora erano già a considerevole distanza dal mulino.




Per tutta la mattinata il popolo di Bonarcanto aveva partecipato ai riti in onore del patrono e dopo il desinare si radunò nella piazza della basilica per portare in processione il simulacro del Santo.
Come sempre al ritorno nella piazza verso il crepuscolo, sarebbe stato acceso il falò e tutti i fedeli avrebbero intonato “sas crubas” di Sancti Romualdi.
Stavolta però ci sarebbe stata un attrazione particolare. Non capitava spesso da quelle parti di poter assistere all’esecuzione di una condanna al rogo. Visto che poi a perire sarebbe stata una nobildonna, l’evento era da ritenersi più che eccezionale.


Ai piedi della scalinata principale della basilica era stato allestito un piccolo palco che avrebbe ospitato le autorità le quali dovevano essere testimoni dell’esecuzione della condanna pronunciata dalla Santa Inquisizione.
Perciò Don Presumìdo prese posto per primo sul palco. Seguirono alcuni suoi pari intervenuti da Paludes Latinae e da Ad Medias, il prelato giudice della Santa Inquisizione in rappresentanza del Papa, l’Abate Isidrus come più alto esponente religioso della contrada e alcuni nobili della corte del Vicerè.


Ad un cenno dell’Abate, il frate campanaro diede inizio allo scampanìo ritmato quasi come un ballo sardo che segnalava la partenza della processione per le vie del paese e che l’avrebbe accompagnata fino al suo ritorno nel piazzale.
Con in testa la statua del santo, accompagnata dalle “cofradìas” e dal frate cerimoniere che intonava le litanìe, il corteo si avvìo lungo il percorso prestabilito.




Dietro la schiera dei “muristenes” che circondavano la basilica e la piazza, contando sul fatto di essere pressoché invisibili dal basso, Grigula e frate Karra osservavano i movimenti sotto di loro.


« Fra le varie fermate ci metteranno almeno un ora a completare il giro » disse il monaco a voce bassa.


« Credo anch’io. Speriamo di sentire il corno di Barolus per quel momento. Altrimenti ci toccherà combattere su due fronti !»


Intanto a Ponte Ezzu il guardaboschi e Polusgamus avevano preparato la messinscena della carica dei cavalieri. Erano stati anche raggiunti dai due uomini inviati da Grigula.
Uno di questi era salito sopra un alto albero di pioppo lungo il fiume e da li sorvegliava il sentiero che veniva da Sancti Luxorius pronto ad avvisare appena avesse scorto Deddegu Caricagàdu e la sua banda di ladroni.
L’altro invece su in indicazione di Barolus stava tagliando alcuni arbusti secchi che sarebbero stati utilizzati per sollevare la polvere dietro il telone della proiezione così da rendere la carica di cavalleria più verosimile.


Sotto il primo dei tre archi del ponte, il guarda boschi aveva portato vassoi, vecchi boccali e altri contenitori di metallo che sarebbero serviti per imitare lo sferragliare delle armature dei cavalieri.
Al mulino aveva trovato anche due grosse “trobìas” di sughero che battute dall’esterno producevano un suono cupo. Bastava ritmare i colpi col tempo giusto per ottenere un rimbombo tale e quale a quello dei cavalli al galoppo.
Tutto quindi era pronto e non restava altro che attendere mentre da Bonarcanto arrivava il suono ritmato delle campane che accompagnavano il Santo in processione.




Grigula e frate Karra raggiunsero gli uomini appostati in “ Palas de Cresia ”.
Dieci di loro erano armati di frombola con almeno venti proietti a testa. Altri venti erano armati di bastoni e pugnali ed attendevano impazienti di entrare in azione.


« La processione è a circa metà del suo percorso. Appena tornerà nel piazzale anche la prigioniera vi verrà condotta e dopo la lettura della sentenza il rogo verrà acceso.
Qualora non dovessimo udire il richiamo del corno da battaglia di Barolus Viginti agiremo al momento della lettura della sentenza.
In quel momento l’attenzione sarà tutta rivolta al’emissario del Papa che leggerà al popolo le motivazioni della condanna e ordinerà l’esecuzione del supplizio.
Scaglierò una freccia incendiaria nel cielo sopra il piazzale e quello sarà il segnale per i frombolieri. Dovrete concentrare il lancio dei proietti sui soldati che circondano il piazzale in modo da metterne fuori combattimento il maggior numero possibile e costringere gli altri a mettersi al riparo. A quel punto io e frate Karra insieme al resto degli uomini piomberemo sulla piazza e ci faremo largo con i bastoni fino a raggiungere Donna Golundrina e dopo averla liberata la scorteremo fino alle scuderie del suo palazzo in Funtana Lauru dove sono stati approntati dei veloci cavalli che la condurranno a tutta velocità lontano da Bonarcanto.»


Grigula non aveva rivelato fino a quel momento i suoi piani in quanto timoroso che qualche spia riportasse tutto a Don Presumìdo, perciò anche i suoi uomini sentivano per la prima volta la strategia da attuare.
Avvezzi ad obbedire agli ordini e sicuri delle capacità del loro comandante una volta conosciuti i dettagli divennero ancora più impazienti di buttarsi nella mischia contro gli uomini del Viceré.


Continua......


Quinta parte - La novella di Bonarcanto - Autore Grigula -immagine barolus

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Il sole volgeva al crepuscolo e il vento proveniente dal mare a ovest di Bonarcanto si era levato come sempre in quel periodo dell’anno. Spirava sempre più forte portandosi dietro il suono delle campane e il mormorio sommesso  dei salmi dei fedeli in processione.


Barolus sentiva questi suoni e la sua agitazione aumentava di minuto in minuto. Ancora nessuna traccia dei “luxuriosi” proveniva dal sentiero.


Poi, mentre già stava per lanciarsi al di la del ponte e percorrere il sentiero in avanscoperta, sentì un fischio sommesso provenire dall’albero in cui era di vedetta uno degli uomini di Grigula. Alzò il capo e vide il fuorilegge fare dei cenni frenetici e poi iniziare a scendere a terra.


Questo significava che aveva scorto dei movimenti sul sentiero e che i ladroni erano in arrivo.


Barolus fece cenno a Polusgamus di iniziare ad accendere il lume all’interno della lanterna magica, mandò l’altro fuorilegge all’imboccatura del ponte dietro il telone perchè iniziasse a sollevare nubi di polvere con i rami secchi che aveva tagliato mentre lui e quello che fungeva da sentinella scesero sotto la prima arcata del ponte per apprestarsi a produrre i rumori e gli strepiti in simulazione della carica dei cavalieri.


« Polusgamus! Appena sentirai il suono del mio corno da battaglia fai apparire le immagini sul telone. Col vento che un po’ lo agita sembrerà ancora tutto più verosimile. »


Poi rivolgendosi all’uomo che aveva a fianco « Tu invece, inizierai a fare rotolare e sbattere tutta questa ferraglia mentre io farò rullare queste “trobìas” come se fossero cento cavalli al galoppo! » 


Presero velocemente tutti i loro posti e dopo pochi minuti si sentì in avvicinamento un rumore cadenzato di uomini in marcia e non passò molto tempo ancora che giunse anche un suono di voci dure e aspre che inequivocabilmente indicava l’arrivo al ponte di Deddegu Caricagàdu e della sua banda di ladroni.


 «  Eccoci al ponte. Ormai manca poco a sa ‘idda de sos Onolcadèsos. Il Viceré sarà soddisfatto di noi e ci ricompenserà lautamente! Avanti! »


 Questo disse il capobanda e alla testa di circa 30 uomini imboccò l’unico passaggio sopra il fiume per arrivare a Bonarcanto. 
Mentre camminava col sole del crepuscolo negli occhi, tenendoli stretti per ripararli dalla polvere che arrivava portata dal Maestrale, gli parve di scorgere un bagliore alla fine del ponte ma pensò si trattasse di qualche riflesso in acqua del sole calante o di qualche lucente pietra di fiume di cui era cosparso il sentiero.


All’improvviso si udì un suono potentissimo e terribile.


Quasi il muggito di qualche enorme bestia selvaggia e contemporaneamente apparve in mezzo a un turbinio di polvere un gruppo di cavalieri in armatura che con le lance abbassate e puntate verso di loro, in mezzo a clangore di armi e al rimbombo del galoppo dei cavalli si stavano precipitando addosso a loro! 


« Tradimento! Tradimento» urlava Deddégu mentre si voltava incespicando e sospingeva i suoi uomini indietro sul sentiero da cui erano venuti.


« Quel cane spagnolo ci ha attirato in una trappola. Ritiriamoci velocemente! Dividetevi e sparpagliatevi nei campi! Ognun per se! » 


Ciò detto risalirono il sentiero terrorizzati, si sparpagliarono nei campi in direzione di Santi Luxorius e in men che non si dica alla luce del sole che si avviava al tramonto, si dileguarono. 


Intanto al ponte felici della riuscita del loro stratagemma Barolus e compagni festeggiavano dandosi pacche sulle spalle e complimentandosi fra di loro. 


« Orsù compagni miei! Basta coi festeggiamenti. Siamo solo all’inizio dell’opera. Presto! Andiamo a Bonarcanto a prestare aiuto ai nostri compagni che sicuramente avranno vita meno facile coi soldati del Viceré! » disse il guardaboschi e precedendo gli altri 3 compagni si lanciò di corsa sul sentiero che portava a Bonarcanto e ben presto sbucarono a pochi metri dalle prime abitazioni mentre il cielo che si stava diventando sempre più scuro fu attraversato da un dardo infuocato. 




Appena la processione tornò da dove era partita, i fedeli si schierarono in semicerchio intorno al falò e condotti dai frati iniziarono i cantici de “sas crubas” de Sancti Romualdi.


Don Presumìdo impaziente, fece cenno al capitano delle guardie di avvicinarsi e gli ordinò di condurre immediatamente la prigioniera nel piazzale per la lettura della sentenza e accelerare il momento dell'esecuzione.


Il capitano si attivò immediatamente e dopo pochi minuti tornò insieme a 2 armigeri conducendo Donna Golundrina che lo seguiva con entrambe le mani legate da una corda che lo stesso capitano teneva nelle mani.


La folla smise di cantare gli inni e tacitamente fece largo al passaggio della nobildonna.




Il piccolo corteo si fermò di fronte al palco delle autorità dove il giudice dell'Inquisizione si alzò in piedi e srotolò un foglio di pergamena in cui era scritta la sentenza e le sue motivazioni. Schiaritasi la voce si apprestava a dare inizio alla lettura quando dalla parte bassa del paese, dalle campagne in lontananza giunse sommesso un lugubre suono, quasi l'urlo di una bestia selvaggia che muggiva infuriata.


Dalla folla subito si levò un mormorio impaurito « Sa Pantamma de Baurezas ! » esclamarono alcune donne rabbrividendo e stringendo a loro i figli Si era infatti diffusa la voce che l'uccisione di Golundrina avrebbe portato la sventura nel paese e loro, poveri creduloni superstiziosi, credevano che il fantasma di una vecchia leggenda stesse per fare di nuovo la sua comparsa per tormentare i bonarcantesi.


A sentire queste voci il Viceré e l'Abate si guardarono in faccia in modo interrogativo e fu il nobile spagnolo per primo a reagire. Si alzò in piedi sul palco e alzò le braccia in modo imperioso per far zittire tutti e appena ebbe la loro attenzione con voce possente arringò la folla. 
« Popolo di Bonarcanto! Non avere timore! Quello che avete sentito è sicuramente il rumore del vento che ulula mentre attraversa gli anfratti rocciosi del fiume. Vedete? Non si sente più! Che gente paurosa e superstiziosa siete. Orsù si sta' facendo scuro, procediamo con la lettura della sentenza e poi accenderemo il falò! » 


Appena finito di pronunciare quelle parole un dardo infuocato attraversò il cielo sopra il piazzale della basilica e una grandinata di pietre si abbatté sui soldati schierati, colpendoli e obbligandoli a disperdersi in cerca di riparo.


Subito dopo preceduti da urla che fecero gelare il sangue a tutti i presenti, un torma di fuorilegge guidata da Grigula e frate Karra si gettò nel piazzale facendosi largo a colpi di bastone fino a raggiungere Donna Golundrina.


Con un colpo ben assestato, dopo aver schivato un fendente di spada, il giovane fuorilegge mise fuori combattimento il capitano delle guardie e gli strappò di mano la corda che teneva i polsi della prigioniera. 
Frate Karra invece si occupò dei due armigeri di scorta abbattendone uno con una bastonata sulla testa che seppur protetta dall'elmo subì un colpo tremendo per cui il malcapitato era già svenuto prima ancora di cadere a terra. Il colpo però fu talmente violento che spezzò il bastone del monaco a cui non rimase altro da fare per liberarsi dell'altro soldato, che nel frattempo tentava di sfoderare la spada, che ricorrere ad un trucco che aveva visto fare durante una rissa in una taverna di Bisanzio, ovvero gli rifilò una poderosa testata che lo mandò svenuto gambe all'aria. 


Estratta s'arresorza de iscorzare, Grigula recise la corda che legava i polsi alla nobildonna e disse


« Presto mia Signora! Dobbiamo correre subito verso il tuo palazzo prima che questi manigoldi si riprendano. Ci sono superiori di numero e cessato l'effetto sorpresa reagiranno sicuramente e noi non potremo tenerli a bada per molto »


In quel momento il suono del corno di battaglia di Barolus risuonò nella piazza e lo stesso guardaboschi insieme ai suoi compagni sbucò facendosi largo tra la folla per andare ad inginocchiarsi davanti a Donna Golundrina « Mia Signora siete salva! Temevo di non arrivare in tempo! » 
« Alzati mio fedele amico. Dentro di me sapevo che non mi avreste abbandonata e sono rimasta sempre serena e fiduciosa. » 


Ma mentre scambiavano queste parole il Viceré non stette con le mani in mano. Dall’alto del suo palco fece di nuovo sentire la sua voce  


«Popolo di Bonarcanto! Questi fuorilegge vogliono sottrarre questa donna alla giusta punizione che il tribunale di Dio gli ha inflitto. Non lasciate che riescano nel loro intento. Aiutate i miei soldati a catturarli e vi prometto che d'ora in avanti non lavorerete più la Domenica e in occasione delle festività vi garantisco distribuzioni gratuite di pane e vino »  


all'udire quelle parole la folla inizio a tentennare e qualcuno iniziava già a fare qualche passo verso il gruppo dei fuorilegge ma la maggior parte era restia a muoversi in quanto ancora sentiva il rispetto nei confronti dell'ultima discendente dei signori di Arbarè.


Al ché  anche l'Abate Isidrus si unì alla richiesta di Don Presumìdo  
« Miei cari fedeli! Quello che dice il nostro Viceré è la verità come è vero che la sua generosità non ha eguali. Anche la Chiesa chiede il vostro aiuto per punire questi blasfemi miscredenti! Il vostro intervento sarà ricompensato con l'indulgenza plenaria dei vostri peccato per un anno intero! » 


Quest'ultima promessa fu quella che fece breccia anche negli animi più riottosi e come un sol uomo tutta la folla dei bonarcantesi si mosse verso il gruppetto di uomini che ora circondava Donna Golundrina facendole scudo con i propri corpi. 


«Qui si mette male, raju » disse frate Karra mentre raccoglieva da terra una lancia  


«Adesso bisognerà combattere per la vita, perciò uomini fate da barriera intorno in modo che possiamo indietreggiare e uscire dalla piazza » gridò Grigula mulinando il suo bastone per tenere lontane le mani che già si protendevano ad abbrancarli. 


Purtroppo però  ad un ad uno quella foresta di mani prendeva i suoi uomini e li fagocitava in mezzo alla massa e li faceva scomparire, finchè non rimasero solo Grigula, frate Karra, Barolus Viginti, Polusgamus e Donna Golundrina. A causa della spinta della folla e dei soldati del Viceré che intanto si erano riorganizzati ed erano in prima fila, il gruppetto prese ad indietreggiare finché fu sospinto fino al muro del piccolo santuario e li non ebbero più via di scampo. 


Frate Karra allora disse « Bene. Credo che questa sia la fine, ma non lascerò  che mi mettano al rogo! Combatterò fino alla morte! Finora mi sono attenuto alle regole della mia confraternita e non ho causato perdite di vite umane...ma ora non ho altra scelta! Fatevi avanti masnada di farabutti e vedrete come sa morire un Monaco Errante » 
« Non avere tanta fretta di morire, monaco. Forse qualcosa posso ancora fare ! » esclamò Grigula e contemporaneamente estrasse il suo strano coltello e conficcandolo a terra gridò « O possente, io ti invoco! Mantieni la tua parola e vieni in mio soccorso! » 


Una nube di fumo puzzolente si materializzò all'istante avvolgendo il gruppetto e facendo indietreggiare gli assalitori. Al suo interno nascosto agli occhi di tutta Bonarcanto s’Iscorza Arbeghes de Norghiddo apparve sogghignando ai compagni di avventure di Grigula.


« Eccomi mio protetto! Mi stavo chiedendo quanto ci avresti messo ancora a chiamarmi » 


« Chi è costui, Grigula?» chiese donna Golundrina scrutando l’essere che aveva di fronte « E per di più puzza come una una capra! » aggiunse allontanandosi più che poteva. 


« Be’, neanche voi odorate di gelsomino mia schizzinosa dama! » rispose s’Iscorza e continuò - « Ma vogliamo rimanere qui ancora a parlare del mio odore o vi volete allontanare da questi forsennati che vi vogliono abbrustolire?» 
Grigula allora si intromise nella discussione e visto che la nube di fumo che li nascondeva diventava sempre meno spessa ritenne opportuno presentare le sue scuse al suo nume tutelare « Perdonala o possente Iscorza. Essa è assai provata dalla lunga prigionia ed per giunta la prima volta che ti vede, come del resto gli altri. Inoltre il tuo arrivo è stato talmente inusuale per loro da lasciarli ancora sbalorditi.


Orsù  adesso però tiraci fuori da questo pasticcio prima che i nostri avversari si riprendano dalla sorpresa! » 


« Sai bene che io mantengo sempre le promesse. Prendetevi tutti per mano e fate un cerchio intorno a me. Chiudete gli occhi, trattenete il respiro e fra un istante non sarete più qui!». 


Tutti fecero come aveva detto lo strano essere. Tranne Polusgamus.  
« Ma che fai?» - gli urlò Barolus Viginti - « sbrigati a completare il cerchio. Dammi la mano, non vorrai restare qua! » 


Ma l’alchimista con un sorriso triste si allontanò dal gruppo dicendo « Non posso venire con voi. Non posso lasciare la mia famiglia, mia moglie i miei due figli hanno bisogno di me. Perciò correrò il rischio e resterò. Vi auguro buona fortuna amici miei, è stato un onore e un privilegio combattere al vostro fianco » si inchinò verso il gruppetto che lo guardava ad occhi spalancati e dopo si voltò e con un balzo saltò fuori dalla nube di fumo e sparì dalla loro vista. 
undefined« Bene, l’alchimista ha tanto cuore quanto coraggio » commentò s’Iscorza - « Ma ora stringetevi forte le mani perché andiamo ». 


Pochi secondi dopo aver pronunciato quelle parole, il fumo al centro della nube iniziò  a turbinare sempre più velocemente e quando si arrestò delle quattro persone non rimase nessuna traccia.