Il futuro a 5 Stelle

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Il futuro con il Movimento 5 stelle é un dono del cielo

martedì 10 agosto 2010

Intervento di Renato Soru su Autonomia, Federalismo, Sovranitá, Indipendenza della Sradegna

Autonomia, Federalismo, Sovranità, Indipendenza

Pubblichiamo i due interventi di Renato Soru tenuti nel corso della Tavola Rotonda "Autonomia, Federalismo, Sovranità, Indipendenza. Quale Statuto per la Sardegna?" organizzato da Sardegna Democratica Venerdì  9 aprile al Mediterraneo di Cagliari a cui hanno partecipato anche Antonello Cabras, Massimo Dadea, Pietrino Soddu, Ornella Demuru, Bustianu Cumpostu, Gavino Sale, Gesuino Muledda, Benedetto Barranu. Nei prossimi giorni pubblicheremo le altre trascrizioni (NdR).
Io credo sia stato interessante anche quest'ultimo intervento (riferito a Ornella De Muro, segretaria nazionale di iRs) e mi fa piacere parlarne, così comprendiamo anche le differenze, e direi anche le incomprensioni e la fatica che talvolta facciamo a capirci, perciò  vorrei  provare a riflettere su qualche parola.
Popolo sardo, ad esempio. È un tema che appartiene alla tradizione della sinistra sarda. Chi di noi non lo ha usato? E' un tema usato da Pietrino Soddu, oggi, da Massimo Dadea, da Antonello Cabras, da Renato Soru. Lo ha usato Renzo Laconi. Popolo Sardo è una parola della sinistra, di tutti noi qui dentro.
Nazione sarda, c'è pure chi qui dentro ci ha scritto un libro, è un dirigente del Partito democratico. Il tema della nazione senza Stato è un tema che appartiene  alla tradizione della sinistra della Sardegna da Renzo Laconi e oltre. Tutti noi ci riconosciamo in una nazione senza Stato. Se oggi riusciamo a  chiarirci questo, almeno abbiamo fatto un passo avanti. Almeno questo dovremo darlo per acquisito. Stiamo cercando qui di fare un passo avanti. Provo a dare il mio contributo, sebbene ancora non del tutto  chiaro. Naturalmente la situazione politica è difficilissima, come poco fa diceva Giacomo Mameli, in Sardegna e forse di più anche in Italia. E la situazione politica  in Italia mi riguarda.
Quando abbiamo pensato questo convegno, lo abbiamo pensato come un convegno che ci consentisse di affrontare   questi temi.  Naturalmente non avevamo previsto che di lì a poco ci sarebbero state le elezioni regionali e che sarebbero andate in questo modo,  che ci avrebbero mostrato  con maggiore evidenza quello che adesso si sta verificando in Italia. Il protagonismo della Lega, la forza  e anche la prospettiva storica in cui ci sta portando. E probabilmente ci suona anche la campanella della fine della ricreazione. Il tempo perché ci si possa ancora intrattenere a discutere qui in Sardegna se occorra uno statuto con la costituente,  o senza costituente, e così  continuare a non decidere e non prendere coscienza di quello che sta accadendo, della responsabilità a cui siamo chiamati. Quel tempo è probabilmente scaduto e quindi credo che sia urgente effettivamente fare un passo avanti. 
Ancora le parole ci aiutano, autonomia ad esempio.  Pietrino Soddu ci ha ricordato come ci siamo arrivati e ha posto il problema in una prospettiva storica ed eventualmente anche come superarla. Autonomia, federalismo, sovranità, indipendenza. Sono tutte parole che abbiamo già acquisito almeno per quel che mi riguarda. Autonomia. Sovranità.  Noi abbiamo persino usato questo termine  nei nostri testi di legge. E la corte costituzionale ce lo ha cassato, durante il governo di Romano Prodi.  Ha discusso un pochino se decidere per il sì o per il no e alla fine la ha cassata. Ha scelto per il no. Ma ha detto no quella volta lì. Probabilmente senza troppi stravolgimenti la prossima volta dirà che si può usare. Quella volta lì (poi me lo spiegarono), nonostante molta dottrina anche del centro-sinistra, Bassanini compreso- marito in seconde nozze  dell'allora ministro Lanzilotta che aveva proprio la responsabilità di fare ricorso alla corte costituzionale- Bassanini diceva che ormai è termine acquisito. Che la sovranità in Europa è distribuita.
C'è una  sovranità in capo all'Europa, c'è una sovranità nazionale e c'è una sovranità in capo alle regioni,  e c'è una sovranità a cui abbiamo diritto e di cui dobbiamo anche farci carico responsabilmente. Acquisire nuovi margini, nuovi spazi, nuove aree di sovranità credo che sia e debba essere non semplicemente un nostro auspicio ma è nostro dovere immediato e non di un futuro lontano. 
Poi c'è il termine indipendenza, che significa "non dipendenza". Io credo che non si voglia essere dipendenti di qualcuno. Ma nel mondo di oggi tra essere dipendenti ed essere soli credo ci sia una via di mezzo che è quella delle alleanze, delle interdipendenze. Già oggi vedo come lo Stato italiano si sia messo in una rete di interdipendenze, compresa l'interdipendenza con l'Europa e noi tutti auspichiamo che in un sistema ancora più complesso, ancora più coeso, più permeato di nuove interdipendenze, si formi un'Europa dei popoli sempre più importante per tutti noi.
Quindi,  un popolo sardo che può stare benissimo in Italia, dove peraltro nella costituzione -qualcuno l'ha ricordato pochi giorni fa-,  non si parla mai del popolo italiano. Si parla del popolo e dentro il popolo ci possono essere tanti popoli, così come in Europa si parla dell'Europa dei popoli e non si dice tanti popoli esattamente pari al numero degli stati. Anzi ne fa un valore delle differenze,  delle diversità linguistiche culturali e lo stesso io penso possa accadere in Italia. Quindi io sto bene in un sistema di indipendenza,  di interdipendenze che mi responsabilizzino sempre di più, che mi restituiscano maggiori spazi di sovranità, pur rinunciando ad essere solo.  Poi, siccome tutti passi non li dobbiamo fare oggi, penso comunque che questo sia un passo importante che possiamo decidere di fare oggi.
Io mi sento come un cittadino con due passaporti, con un passaporto sardo e un passaporto italiano e per la verità io voglio bene ad entrambi . Se mi chiedono qual è la mia piccola patria certamente questa è la terra che io ho calpestato a Sanluri, in campagna,  nel paesaggio di Sanluri. Se mi immagino da vecchio, io mi immagino a Sanluri. Non di meno, vorrei dire che porto nel cuore anche le lotte dell'antifascismo, l'Italia repubblicana, la scrittura di questa costituzione, quel che c'è scritto dentro, l'enunciazione di quei diritti, le lotte dei lavoratori, la storia di Di Vittorio. Il fatto che una persona anziché in Sardegna bensì in Puglia. A Cerignola  fa una prima scuola per chi a scuola non ci sarebbe mai potuto andare. Tutto questo fa parte della mia storia e non vorrei rinunciare neanche a questo. Non ho bisogno di ricordare -spero che facciano parte della mia storia-  le storie che tutti noi conosciamo persino nella lingua nelle quali le abbiamo imparate e nel paesaggio in cui le abbiamo viste e nella luce in cui le abbiamo frequentate.
Vorrei fare un passo avanti. Quando si cambia in maniera così radicale normalmente è perché succede qualcosa. La Repubblica italiana è nata dopo la guerra, occorreva far ripartire un Paese segnato dai totalitarismi, la guerra civile. Prima è stata presa una decisione importante e cioè ci si è chiesti che tipo di Paese si volesse costruire e si è deciso di fare una Repubblica. Ci si è dati delle regole, la Costituzione. Altre volte i paesi sono nati da ribellioni, vengono in mente i coloni di Boston e alla fine si ribellarono e si ribellarono per un fatto molto semplice. Volevano tenersi i loro soldi e non dover pagare il dazio a nessuno, tanto meno intendevano mandare i loro soldi in Inghilterra. Preferivano ovviamente trattenerli lì, una cosa del tutto condivisibile. insomma molto spesso le ribellioni nascono proprio da questo, dal fatto che non si vogliano trasferire ad altri i propri denari. 
Sono molto rare invece  nella storia le ribellioni di qualcuno che dice "basta, smettila di mandarmi dei soldi, sono stufo di essere poco dignitoso, smettila di mandarmi dei soldi". Purtroppo succede raramente. Se vogliamo invece riferirci all'Italia, in qualche modo la prima "ribellione" leghista è stata questa. E'stata una ribellione secondo lo stile americano che dice basta. Il 48 è trascorso da tempo. Sono trascorsi sessant'anni o 50 se si considera quando loro hanno incominciato. Basta Roma ladrona, vogliamo tenerci i soldi. I soldi sono nostri, facciamo per conto nostro e pur di ammantare di una qualche nobiltà questa loro richiesta, in verità molto prosaica, quella di trattenersi soldi, si sono inventati i miti, come Ornella De Muro ricordava, si sono inventati il paganesimo dell'ampolla, il dio Po è tutta una serie di riti pagani.
Un aspetto, questo, totalmente trascurato dalla Chiesa, che infatti ci invita a votare Lega. Si inventano i miti, si inventano una geografia, s'inventano un popolo, s'inventano un'idea, ma alla fine capiamo che è solo per tenersi i soldi. E io credo che abbiano avuto così tanto successo in questi anni - anche recentemente- certamente perché sanno stare nel territorio, come tutti ci siamo abituati a dire. Certamente perché sono molto bravi, ma soprattutto perché dicono una cosa molto semplice. Perché loro dicono al loro vicino di casa: "ma senti tu, vuoi che i tuoi soldi li tratteniamo qui o preferisci che li mandiamo in Calabria o in Sardegna?". Chiunque ovviamente risponderà che i soldi preferisce tenerseli a casa. Io credo che sia molto più difficile vincere, quand'anche si sia ancorati nel territorio, andando a spiegare alla gente "senti tu che lavori tanto e sei bravo, anzi sei bravissimo,  cerca di essere anche solidale, quindi tratteniamo i tuoi soldi e aiutiamo i vicini e i poveri a crescere!". Penso che sia molto più difficile riuscire a prendere i voti in questo modo. Dunque io credo che sia questa in sostanza la rivoluzione della Lega.
Sono molto d'accordo con quanto diceva Pietrino Soddu. E cioè che non hanno più nessuna idea separatista perché ormai possono comandare a casa loro e anche in casa nostra. Non si separeranno più, si terranno i soldi per loro, immaginano cioè un'Italia diversa dove ognuno trattiene i propri soldi. Per qualche tempo possono conservare, come loro dicono, dei margini di solidarietà all'interno di costi standard, ma solo per qualche tempo e poi basta. Per il resto, per quel poco di solidarietà diciamo stizzita, possono comandare nel resto dell'Italia. Si tengono un mercato, si tengono il potere politico, si tengono mille opportunità, come stanno dimostrando in questi giorni con la pretesa di vendere il faro dell'Asinara, dopo che è stato effettivamente trasferito dal demanio alla regione con una firma che io ho apposto  insieme al direttore generale del demanio (la moglie di Follini di cui adesso non ricordo il nome). Se gli si dice: ma quello è di proprietà  della regione, "va bene", risponde l'altro, "ma se non lo usi me lo prendo lo stesso, anzi sai che ti dico, mi prendo quello di Capo Mannu". Questo vuol dire che siamo allo sberleffo, e vuol dire che hanno intenzione di occuparsene di questi territori. Li sentono come cosa propria.
In Sardegna, nel momento in cui vogliamo fare un passo in avanti e fortunatamente non abbiamo avuto guerre o cose di questo genere, è questo passo avanti non siamo nemmeno chiamati a farlo semplicemente perché stufi di pagare il dazio e la dogana e montagne di risorse economiche, di trasferimenti che ogni anno facciamo a Roma. Perché non è così. Perché è un po' più quello che ci danno di quello che noi diamo allo Stato. Allora dobbiamo comprendere bene, prima di parlare di questi temi, che tipo di Sardegna abbiamo in mente e che tipo di consapevolezza abbiamo. 
Indipendenza o comunque essere sovrani,  comporterebbe la capacità di autogovernarsi e di decidere alla pari la propria indipendenza e la propria sovranità che si vuole condividere con altri. Decidere alla pari e confrontarsi alla pari significa anche la necessità di porsi alla pari e porsi alla pari anche da un punto di vista economico. Intendo dire di porsi alla pari dal punto di vista dell'indipendenza economica. È difficile questo se si va a dire: "senti io voglio essere indipendente da te ma tu continua mandarmi soldi". Questo  non sarebbe credibile e io credo che non sia neanche giusto. "Senti io voglio essere lasciato in pace e voglio comandare a casa mia, ma tu ricordati ogni 30 del mese di mandarmi i soldi". Non sta in piedi. Allora innanzitutto i conti. Ce la facciamo a bastare a noi stessi? o meglio, prima domanda: i Sardi di oggi sono talmente fieri, dignitosi e orgogliosi e non gliene frega nulla di essere più poveri ma padroni in casa propria? in maniera tale da dire: non ci importa se arriva qualche soldo in meno,  non importa se poi ai comuni arriva qualche soldo in meno o se magari non arriva più nessuno a cui rivolgerci per cercare di coprire questo gap nelle infrastrutture, basta siamo stufi ci pensiamo noi nei prossimi anni anche rinunciando a qualcosa.
È quello che fanno tutti quando diventano adulti. Abbandonano il tetto paterno. Rinunciano a qualcosa, molto spesso la casa su cui si va ad abitare è meno comoda della casa dei genitori, con una automobile più piccola. Risparmiano. È comunque un'indipendenza che qualcuno può scegliere di vivere. Potrebbe essere che la Sardegna sia pronta a fare questa discussione? Bisogna andarglielo a spiegare. Oppure bisogna che tanta gente si faccia carico di intuire questa volontà della Sardegna. Oppure, ed è certamente il caso attuale, occorre dire: "guardate forse non siamo orgogliosi fino a questo punto, però bisogna che ci svegliamo, perché orgoglio o non orgoglio i soldi comunque smetteranno di darceli". L'impressione che ho è che orgoglio o non orgoglio, le regioni del Nord si organizzeranno in maniera tale che smetteranno di dare risorse al sud. E certamente non verranno più dalla generosità delle regioni del nord i grandi investimenti infrastrutturali, gli investimenti per coprire i gap che ancora vanno coperti nelle dotazioni delle nostre regioni. Oppure i grandi investimenti per le università di eccellenza, per realizzare centri di ricerca di eccellenza, oppure gli sforzi per convincere l'Eni ad aprire un altro stabilimento, oppure gli sforzi per migliorare comunque la qualità della nostra vita. Io penso che lì, al nord, vi sia qualcuno che pensa che noi viviamo fin troppo bene, che noi viviamo al di là dei nostri meriti e che quindi, se per caso ci chiudono un pochino i rubinetti hanno ragione e lo possono fare.
Allora, ci piaccia o non ci piaccia, poco o tanto l'orgoglio, siamo chiamati a delle responsabilità che non avevamo immaginato nel recente passato ed era di prenderne pienamente coscienza e agire di conseguenza. Io credo che ne valga la pena e anche senza troppa paura. È vero che probabilmente non bastiamo a noi stessi ancora, però credo che non siamo tanto lontani da questo risultato e credo che questa differenza tenda a ridursi, sia perché qualcosa in più possiamo fare e della necessità possiamo fare virtù. Quindi da una parte cresciamo noi è dall'altra parte tende a ridursi la generosità della solidarietà nazionale. Non è impossibile pensare di potercela fare da noi. Non è impossibile se poi teniamo conto di tante cose. Se teniamo conto persino dei diritti dell'autonomia che non abbiamo mai voluto esercitare fino in fondo, compreso il diritto della imposizione fiscale.
Quanta parte della Sardegna si è scandalizzata perché abbiamo incominciato a chiedere un euro a qualcuno che si era impossessato, nel rispetto di tutti i diritti civili, di alcuni beni ambientali limitatati. Quanta gente si è scandalizzata perché non riusciva a vedere in maniera un poco più estesa del proprio porticciolo turistico, e si lamentavano dicendo che nel proprio porto turistico, appunto, c'erano meno barche? E dunque non facciamo pagare le tasse persino agli yacht di venti metri, eppure i nostri autobus pagano tranquillamente 600 o 700 euro per parcheggiare a Firenze. E cioè da un parte c'è la necessità di guardare alla Sardegna e di guardare alla Sardegna domani, e dall'altra c'è molto della Sardegna che guarda dentro i posti barca del proprio porto e da lì non si muove.
In Sardegna mancano oltre centomila posti di lavoro,  sono i famosi 100.000 posti di lavoro che poco più di un anno fa Berlusconi prometteva. Che riteneva realizzabili concentrandoci sul giardinaggio e sulle piante officinali. Ma io credo che questi posti di lavoro non verranno così facilmente e non verranno certo dalle piante officinali. Io credo che verranno da una scuola migliore, da una capacità di acquisire un'istruzione maggiore, da una capacità maggiore di fare ricerca. Ed io non vedo uno stato impegnato in questo. Non vedo uno stato impegnato a darci una scuola migliore in questi ultimi anni. E' impegnato  piuttosto a licenziare 1000 persone e vedo la regione sarda pronta a usare i nostri soldi per dare un palliativo ai precari. Licenziano il personale delle scuole, indeboliscono, per non usare altri termini, l'università, indeboliscono la possibilità dei nostri trasporti interni. Persino si fanno beffa dell'utilizzo dei nostri territori, dei nostri beni, dai fari,  alle servitù militari, e così via.
Insomma quei 100.000 posti di lavoro, io credo che non arriveranno grazie alla  benigna attenzione del governo nazionale. Non credo che verranno dalla benevolenza del governo nazionale così come lo vediamo oggi e come lo vedremo nei prossimi anni e soprattutto  da questa impostazione culturale che si è impossessata dell'Italia. Ci piaccia o no dobbiamo fare dei passi avanti. La politica in Sardegna è preparata per questo? Forse. I partiti sono preparati per questa discussione? Per niente. I partiti sono impegnati in altre cose. Quindi credo che valga la pena che ci diamo una mano tutti insieme, che proviamo a smetterla di scherzare e a capire che cosa dobbiamo fare.
Replica finale di Renato Soru
Si sono già fatte le 21.30, è da tre ore e mezza,  più o meno che voi siete qui ed è da tre ore e mezza che si discute di un tema importante. Credo che si possa dire dunque che è stata una bella iniziativa politica, persino importante. Gavino Sale ha richiamato il senso di una festa per tutto questo, auspicando la possibilità di incontrarci  in una festa tutti insieme per dire che crediamo esista una nazione sarda, che esiste una nazione senza Stato che esiste un popolo sardo. Mi pare si possa dire che questa festa si sia già svolta oggi qui.
Nessuno di noi, come dicevo, si sottrae all'uso di quelle  parole, e  qui avete avuto la conferma. Credo importante, da parte di autorevoli dirigenti del Pd, Antonello Cabras, Massimo Daddea, Benedetto Barranu, che è stato qui, e altri che sono presenti in sala che siamo dentro quella linea di pensiero e persino dentro la tradizione di una buona parte della sinistra sarda.  Non mi pare cosa da poco esserci scambiati oggi queste riflessioni e informazioni e in più riuscire ad essere conseguenti nella strada da percorrere. Abbiamo anche detto che abbiamo necessità di maggiore sovranità e che abbiamo necessità non di una indipendenza che significhi stare soli, ma di una indipendenza fatta di interdipendenze. Ci  è stato  anche detto però, in tono polemico, che l'unica interdipendenze che abbiamo è con lo Stato italiano. Quindi di fatto una dipendenza.
Vorrei dire a tutti noi che siamo qui, che credo sia importante aprire un nuovo livello di interdipendenze con l'Unione europea. Non so in quale modo ma certamente è importante, e stiamo cercando proprio un sistema di interdipendenze che oggi è con lo Stato italiano. Che deve essere cercata con l'Unione europea e che domani potrà essere con l'Unione dei paesi del Mediterraneo. Chissà cosa ci riserverà il mondo. È un altro riconoscimento importante che ci stiamo facendo reciprocamente. Non occorre pensare che ci si possa riunire domattina da qualche parte e dichiarare la via dello Stato della Sardegna. Sappiamo bene dove siamo. Possiamo però immaginare una strada che possiamo percorrere per darci molto di quello che sul tema dell'indipendentismo riteniamo oggi essere importante. 
Appunto una nazione. Un auspicio anche di riconoscimento statuale. Un popolo senza stato. Desiderio di sovranità esercitata. Interdipendenza con l'unione europea innanzitutto e con altre e con altri organismi che potranno esserci che potranno sorgere in futuro. Interdipendenze con altre regioni mediterranee come avevamo iniziato ad avviare con isole Baleari con la stessa Malta, le cosiddette euroregioni.
Io che più recentemente degli altri ospiti ho fatto il presidente della regione mi sono occupato del bilancio della regione ed ho introdotto un tema arido  nella discussione, quello del bilancio della regione. Possiede le risorse, perché i paesi vivono anche di risorse. Io l'ho introdotto per dire ce 'abbiamo questa consapevolezza, sappiamo che comunque dobbiamo "bastare a noi stessi" ? Abbiamo un orizzonte di futuro nel quale riteniamo di poter "bastare a noi stessi"? Non riesco a dirlo diversamente: "bastare a noi stessi" . Poi certo possono esserci delle stagioni nella vita nelle quali possiamo ricorrere ad un mutuo e ripagarlo in un'altra stagione della vita. "Bastare a noi stessi" può anche voler dire che una strada la posso fare con un project  financing. "Bastare  a noi stessi" è comunque un'assunzione di responsabilità e di consapevolezza, di maturità,  e mi pare che noi tutti oggi abbiamo detto che assolutamente possiamo "bastare a noi stessi".
Vorrei aggiungere ancora un'informazione,  possiamo tranquillamente dirlo ai nostri amici e anche in giro per la Sardegna:  non preoccupatevi,  possiamo "bastare a noi stessi" e non solo, perché oggi già quasi bastiamo a noi stessi. Credo sia un'informazione importante, che dà qualche rassicurazione. Certo è che decisioni di questo genere si prendono innanzitutto col cuore,  e non con la calcolatrice e credo che ciascuno di voi oggi abbia espresso con molta forza un'adesione culturale amorosa. La questione è che se oltre ad avere l'adesione convinta delle avanguardie, avessimo anche l'adesione convinta ad esempio del Pd,  che magari aspira ad avere il 30%, sarebbe questo un  bel passo avanti. Sarebbe come moltiplicare per 10, più o meno,  il livello di adesione a questo progetto da parte di questa regione. Certo, se dovesse aderire il Pd, se dovessero aderire gli altri gruppi, il Rosso Mori ad esempio e altri del centro-sinistra, e ancora altri gruppi  non necessariamente del centro-sinistra, sarebbe un bel passo in avanti, sicuramente foriero di importanti novità.
Che fare? Antonello Cabras ha rotto gli indugi e ha presentato un disegno di legge in merito, Francesco Cossiga ne aveva presentato uno qualche anno fa, e anche altri, Massidda  ad esempio, lo ha  più o meno annunciato.
Da qualche settimana abbiamo discusso di questo "ordine del  giorno voto" che significa battere comunque un colpo. Il consiglio regionale batte un colpo e in modo solenne notifica a Roma che una stagione si è conclusa e che se ne vuole aprire un'altra. Il che non significa avere uno statuto già pronto e avere l'approvazione domani da Roma, ma certamente dire in maniera solenne che si vuole aprire una discussione. Oggi possiamo dire di voler aprire una discussione andandoci  anche preparati, coscienti dell'obiettivo che intendiamo realizzare e fin dove intendiamo spingerci, in maniera consapevole e non solamente ideale.
Questo ordine del giorno voto, che nella scrittura attuale prevede una Costituente,  e secondo il mio pensiero,  se lo vogliamo approvato dal consiglio regionale è meglio che preveda il protagonismo del consiglio regionale, credo sia ora di presentarlo. Lo presenteremo, c'è qui Mario Bruno, capo gruppo del Pd in consiglio regionale, a chi  ci sta firma. Per come stanno andando le cose in queste ultime settimane in consiglio regionale,  di fatto continuiamo a firmare ordini del giorno all'unanimità. Anche ieri abbiamo firmato un altro ordine del giorno all'unanimità, in cui addirittura ci lamentiamo del governo che ci ha sottratto  i soldi. Sono persino sorpreso, credo che verrà accolto.
Credo quindi che inizi una fase importante del dibattito politico. Adesso facciamoci queste elezioni provinciali con qualche amarezza di troppo credo, e credo che ciò di cui abbiamo parlato oggi sia  decisamente molto più importante. Chi è intervenuto per ultimo le province le ha persino cancellate e quindi possiamo andare avanti. Grazie a tutti.


14 aprile 2010

mercoledì 4 agosto 2010

barole20 ti ha inviato il video "ATTIVISTI DI GREENPEACE TAGLIANO PIANTE DI MAIS OGM IN FRIULI"

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PORDENONE, 30 luglio 2010 -- Dopo aver ottenuto da un laboratorio accreditato le prove dell'esistenza di un secondo campo di mais transgenico in Friuli, venti attivisti di Greenpeace hanno tagliato, isolato e messo in sicurezza la parte superiore delle piante di mais OGM, che produce il polline, responsabile della contaminazione su vasta scala. Il campo di mais geneticamente modificato, precisamente MON810 brevettato dalla statunitense Monsanto, si trova nelle vicinanze di Vivaro (in provincia di Pordenone).

«Greenpeace sta facendo quello che le autorità hanno rimandato per settimane: bloccare la fonte della contaminazione transgenica. Siamo di fronte ad un atto assolutamente irresponsabile - denuncia Federica Ferrario, responsabile della campagna OGM di Greenpeace -

anche in questo campo il mais è fiorito e sta già disseminando il proprio polline sulle coltivazioni circostanti».
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martedì 3 agosto 2010

Esclusiva di Fuorionda News"BERLUSCONI UOMO DELLA DIVINA PROVVIDENZA"dal Duo...

Le opere di Dio costano sangue, dice: anche lui sa che le mani del Burlesca ne sono fradice

 
 

Inviato da barole20 tramite Google Reader:

 
 

tramite FUORIONDA NEWS: Giornalisti protagonisti a cura di Andrea Atzori di Andrea Atzori-Telegiornalista di Oristano il 20/07/10


Dal duomo di Milano ieri sera.Parole e immagini che non hanno bisogno di commenti o descrizioni.


 
 

Operazioni consentite da qui:

 
 

lunedì 2 agosto 2010

Ponte sullo Stretto: via ai primi cantieri



Sendung vom 02. August 2010


Muster der Messina-Brücke ; Rechte: dpaBild verkleinern
Il modello del ponte di Messina
A Messina e a Villa San Giovanni sono partiti i primi lavori tra polemiche e proteste. Impegnati tra le due sponde almeno cinquecento tra operai e tecnici.
Si tratta degli interventi propedeutici: sondaggi geognostici dell'Eurolink, general contractor dell'opera, sul terreno dove sorgeranno le strutture a terra e i piloni, ma anche monitoraggi ambientali che devono quantificare gli eventuali danni su falde acquifere, sulla terraferma e sul mare. Le promesse fatte dal governo e dallo Stretto di Messina, società che si occupa della realizzazione del Ponte sono state mantenute. Sono partite le trivellazioni dell'area di cantiere del Ponte, tanto a Villa sulla sponda calabrese, quanto a Messina sulla sponda siciliana. Per il via definitivo ai lavori bisognerà attendere, oltre all'esito dei sondaggi, anche il progetto definitivo che sarà approntato entro la fine dell'anno. Il Ponte, promette il ministro delle infrastrutture Altero Matteoli, sarà inaugurato nel gennaio del 2017. Costerà 6 miliardi di euro. Ma i detrattori promettono battaglia. Cortei, sit-in, pedalate in chiave antiponte sono all'ordine del giorno. Agli ambientalisti si è aggiunto anche un comitato spontaneo di cittadini in apprensione per la propria casa che sarà abbattuta per far posto all'opera.


sabato 31 luglio 2010

barole20 ti ha inviato il video "No bavaglio, l'intervento di Curzio Maltese a piazza Navona"

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No al bavaglio sull'informazione
Roma, piazza Navona, 1 luglio 2010, l'intervento di Curzio Maltese alla manifestazione della Fnsi contro il ddl intercettazioni - http://www.micromega.net
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venerdì 30 luglio 2010

Piero Ricca e il "buffone" a Silvio Berlusconi

Tremorti: La nuova manovra finanziaria

La nuova manovra economica:
Taglio a Regioni e comuni significa alzare il livello di povertà.
Intanto sugli evasori fiscali e sui capitali all'estero solo una strettina leggera leggera, non si sa mai..... con le quote latte POI, fanno ridere il mondo da anni...
Pari pari alla riforma universitaria il ritorno alla preistoria é imminente!
"an vedi oh! Semo messi porprio bene, semo messi!"
e DEU itta depu faidi probiviri......


Sì alla manovra: via libera a tagli per 25 miliardi Quote latte, Ue delusa: "Così violano le norme"

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Dopo un iter parlamentare di due mesi la manovra taglia il traguardo. Il decreto rispetta gli impegni chiesti da Bruxelles sul deficit e mette al riparo l’Italia dalle turbolenze finanziarie. Tra le novità: riforma delle pensioni, tagli agli enti locali, diminuzione degli stipendi ai parlamentari

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Roma - Dopo un iter parlamentare di circa 2 mesi la manovra economica taglia il traguardo. La Camera ha approvato in via definitiva il decreto di correzione dei conti italiani con 321 voti a favore, 270 contrari e 4 astenuti, confermando il testo del Senato, l’unico ramo del Parlamento che ha apportato modifiche al provvedimento. Correzioni che, secondo il governo, hanno migliorato il decreto non alterandone i saldi. Ma è sulle quote latte che Bruxelles torna a bacchettare l'Italia discendosi "delusa" per una norma presente in Finanziaria che sarebbe contraria alle regole Ue.
Una manovra da 24,9 miliardi Il disco verde al testo è arrivato con doppia fiducia, prima a palazzo Madama, poi Montecitorio dove il provvedimento è arrivato blindato. Dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, attesa già per domani, la manovra sarà quindi legge dello Stato. La manovra da 24,9 miliardi è stata approvata dal Consiglio dei ministri lo scorso 25 maggio per rispettare gli impegni chiesti da Bruxelles sul deficit (ridurlo dal 5% del pil del 2010 al 3,9% nel 2011 e al 2,7% nel 2012) e mettere al riparo l’Italia da ulteriori turbolenze finanziarie. Una manovra pesante, riconosciuta da tutti come necessaria, ma contestatissima fin dalla sua approvazione. In trincea, in primis, i governatori sul piede di guerra contro i "pesanti" tagli alle Regioni. A contestarla anche molte altre categorie: dalle Province e i Comuni, ai disabili, i farmacisti, gli ambientalisti, i magistrati fino ai diplomatici e i rappresentanti del mondo della cultura.
I nodi irrisolti Molti, tuttavia, sono i nodi che la manovra lascia irrisolti, a partire dalle riduzioni ai trasferimenti per le Regioni, le quote-latte sulla cui proroga del pagamento delle multe pende la possibile apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea e la stretta sui diplomatici, la cultura e la sicurezza. Tutte "grane" per il governo che si riproporranno fra qualche mese, in autunno, quando l’esecutivo dovrà varare la sua prima legge di stabilità, la ex Finanziaria. Molte invece le novità che saranno a brevissimo legge dello Stato. È in arrivo il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, la riforma delle pensioni e i tagli per Regioni, Province e Comuni. E ancora, la riduzione delle retribuzioni dei manager, la stretta sull’evasione fiscale e le assicurazioni, i tagli ai ministeri e ai costi della politica. Entrano anche le norme per la libertà d’impresa, i rincari dei pedaggi autostradali e la sanatoria per oltre 2 milioni di "case fantasma". Intanto, oggi dopo la Camera, anche palazzo Madama ha approvato il taglio di mille euro agli stipendi dei senatori, così come indicato in manovra. Per il Senato arrivano complessivamente risparmi per 35 milioni di euro.
Scontro sulle quote latte La Commissione Ue è delusa di apprendere che l’Italia ha votato una misura che sembra essere contraria alle regole sul rimborso delle multe per il superamento delle quote latte. Ora esaminerà sotto il profilo giuridico il testo votato e non esiterà a intraprendere l’azione necessaria contro l’Italia se la misura non è conforme alle regole Ue. bruxelles ha appena inviato una lettera all’Italia in cui chiede con "urgenza" di essere informata sulla disposizioni approvate. E questo, per capire se le misure "sono in linea con la normativa europea e con gli impegni politici ripetuti presi dal governo italiano di imporre un’applicazione rigorosa ed effettiva del sistema delle quote latte in Italia". In quella missiva Bruxelles mette anche in guardia l’Italia sul fatto che, ogni modifica alle regole fissate nel 2003 sulla rateizzazione del pagamento delle multe per le quote latte, potrebbe violare le norme Ue sugli aiuti di Stato. È la prima volta, nella ventennale vicenda delle quote latte, che Bruxelles prospetta questa eventualità.

mercoledì 28 luglio 2010

[Blog di Beppe Grillo] Segnalazione: Gianni Lannes e le scorie tossiche a km zero

barole20@googlemail.com
ti invita a leggere un intervento di Beppe Grillo
Informare per resistere...
Titolo: Gianni Lannes e le scorie tossiche a km zero
Link: http://www.beppegrillo.it/2010/06/rifiuti_tossici.html
Questo messaggio ti è stato inviato da barole20@googlemail.com.
Se ti è stato inviato per errore, ci scusiamo per
l'inconveniente.
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Star Size Comparison: The biggest/largest known stars in the Universe.

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VY Canis Majoris (VY CMa) is a red hypergiant star located in the constellation Canis Major. With a size of 2600 solar radii, it is the largest known star and also one of the most luminous known. It is located about 1.5 kiloparsecs (4.6×1016 km) or about 4,900 light years away from Earth. Unlike most stars, which occur in either binary or multiple star systems, VY CMa is a single star (i.e. does not have any stellar companions). It is categorized as a semiregular variable and has an estimated period of 6,275,081 days, or just under 17,200 years.

Antares (α Scorpii / Alpha Scorpii) is a red supergiant star in the Milky Way galaxy and the sixteenth brightest star in the nighttime sky (sometimes listed as fifteenth brightest, if the two brighter components of the Cap... Altro
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domenica 25 luglio 2010

Tragedia alla Love parade in Duisburg

Tragedia alla Love parade in Duisburg
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Tragedia annunciata a Duisburg durante il love parade. Anche molti poliziotti presi dal panico intrappolati in mezzo alla folla hanno peggiorato la situazione.
A causare la tragedia (cifra provvisoria di 15 morti e centinaia di feriti) il calcolo errato delle probabili presenze; le forze dell'ordine avevano previsto da un milione e mezzo a due milioni di persone, come tutti gli anni d'altronde. Invece stando ai primi dati della polizia vi hanno partecipato circa quattro milioni di persone e di conseguenza hanno mandato in tilt il servizio d'ordine nel punto piú temuto, il tunnel nemmeno tanto lungo, nei pressi dalla stazione centrale.
Uno scorcio panoramico della love parade duisburg


la folla procedeva lentamente in tutto il corteo verso il piazzale allestito nei pressi dell'A40 dove si concentrava poi tutto il raduno al suono di musica Rock a volume altissimo, 300.000 decibel che fanno vibrare gli organi interni del corpo, una libidine in condizioni spensierati e di festa.
Con alcuni amici siamo passati nel tunnel maledetto circa tre ore prima della tragedia, e molti come me hanno avvertito durante il transito situazioni di pericolo, in particolare nei pressi dove insieme alla folla procedeva lentamente e con la musica a tutto volume il Tir allestito a discoteca, e proprio in quei punti (ogni cento metri Cera un Tir) CHE si accalcava di piú la folla. Molti procedevano ballando spensierati, anche se lo spazio era ridottissimo, ma molti erano sopraffatti dal panico per cui non vedevano l'ora di uscire dal tunnel.
Tanti andando avanti hanno dato l'allarme sulla situazione pericolosa che si incontrava attraversando il tunnel, ma ormai era troppo tardi per intervenire, la polizia, vigili del fuoco e gli altri apparati di soccorso l'hanno capito subito, tant'è che solo un'accenno di aprire dei varchi ha causato maggior panico ed é proprio allora che la gente sentendosi mancare lo spazio e L'aria ha cominciato a spingere e a cercare spazio per la "fuga". Nella situazione che si é creata, i piú deboli hanno avuto la peggio, infatti stando alle prime stime le vittime sono quasi tutte giovani donne.
Un tragedia che a Duisburg non si era mai vista. Solo una settimana fa si tiravano le somme sul risultato positivo della grande festa in autostrada; oggi sarebbe dovuto andare nello stesso modo, invece il tutto si chiude con un sipario oscuro e quindici giovani vite spezzate da piangere.

Travaglio intervista il Dott, Roberto Scarpinato procuratore generale a Caltanissetta


da Il Fatto Quotidiano, 24 luglio 2010

scarpinatoDottor Roberto Scarpinato, come nuovo procuratore generale a Caltanissetta lei dovrà occuparsi dell’iter della revisione del processo per la strage di via D’Amelio, che a quanto pare ha condannato definitivamente almeno sette persone innocenti, di cui tre si erano autoaccusate falsamente. Ora, sulle stragi del 1992-93, i suoi colleghi di Palermo e Caltanissetta dicono che siamo prossimi a una verità che la classe politica potrebbe non reggere. Qual è la sua opinione? 
Proprio a causa del mio nuovo ruolo non posso entrare nel merito di indagini e processi in corso. Mi limito a un sommario inventario che induce a ritenere che i segreti del multiforme sistema criminale che pianificò e realizzò la strategia terroristico-mafiosa del 1992-93 siano a conoscenza, in tutto o in parte, di circa un centinaio di persone. E tutte, dalla prima all’ultima, continuano a custodirli dietro una cortina impenetrabile.

E chi sarebbero tutte queste persone?  
Partiamo dai mafiosi doc: Riina, Provenzano, i Graviano, Messina Denaro, Bagarella, Agate, i Madonia di Palermo, Giuseppe Madonia di Caltanissetta, Ganci padre e figlio, Santapaola e tutti gli altri boss della “commissione regionale” di Cosa Nostra che si riunirono a fine 1991 per alcuni giorni in un casale delle campagne di Enna per progettare la strategia stragista. Una trentina di boss che poi riferirono le decisioni in tutto o in parte ai loro uomini di fiducia. Altre decine di persone. Nessuno di loro ha mai detto una parola sul piano eversivo globale. Le notizie che abbiamo ce le hanno fornite uomini d’onore che le avevano apprese in via confidenziale da alcuni partecipanti al vertice, come Leonardo Messina, Maurizio Avola, Filippo Malvagna. Altri a conoscenza del piano sono stati soppressi poco prima che iniziassero a collaborare, come Luigi Ilardo, o sono stati trovati morti nella loro cella, come Antonino Gioè. Agli esecutori materiali delle stragi o di delitti satellite, i vertici mafiosi in genere non rivelavano i retroscena politici del piano stragista, si limitavano a fornire spiegazioni di causali elementari e di copertura. Aggiungiamo i vertici della ndrangheta che, come hanno rivelato vari collaboratori,tennero nello stesso periodo una riunione analoga nel santuario di Polsi.  

Chi altri sa? 
È da supporre una serie di personaggi che anticiparono gli eventi che poi puntualmente si verificarono. L’agenzia di stampa “Repubblica” vicina a Vittorio Sbardella, ex leader degli andreottiani romani (nulla a che vedere col quotidiano omonimo) scrisse 24 ore prima di Capaci che di lì a poco si sarebbe verificato “un bel botto” nell’ambito di una strategia della tensione finalizzata a far eleggere un outsider come presidente della Repubblica al posto del favoritissimo Andreotti. Il che puntualmente avvenne, così Andreotti fu costretto a farsi da parte e venne eletto Scalfaro. Anni dopo Giovanni Brusca ha riferito che la tempistica di Capaci era stata preordinata per finalità che coincidono esattamente con quelle annunciate nel profetico articolo. Dunque, o l’autore aveva la sfera di cristallo, o conosceva alcuni aspetti della strategia stragista e aveva deciso di intervenire sul corso degli eventi con una comunicazione cifrata, comprensibile solo da chi era a parte del piano.  

L’agenzia Repubblica aveva pure anticipato il progetto globale in cui si inscriveva il delitto Lima. 
Esattamente. Il 19 marzo 1992, pochi giorni dopo l’assassinio di Salvo Lima (andreottiano come Sbardella,ndr), l’agenzia annunciò che l’omicidio era l’incipit di una complessa strategia della tensione “all’interno di una logica separatista e autonomista […] volta a consegnare il Sud alla mafia siciliana per divenire essa stessa Stato al fine di costituirsi come nuovo paradiso del Mediterraneo […] mediante un attacco diretto ai centri nevralgici di mediazione del sistema dei partiti popolari […].  Paradossalmente il federalismo del Nord avrebbe tutto l’interesse a lasciare sviluppare un’analoga forma organizzativa al Sud lasciando che si configuri come paradiso fiscale e crocevia di ogni forma di traffici e di impieghi produttivi, privi delle usuali forme di controllo, responsabili della compressione del reddito deriva-bile dalla diversificazione degli impieghi di capitale disponibile”.
Anni dopo Leonardo Messina rivelò alla magistratura e all’Antimafia il progetto politico secessionista di cui si era discusso nel summit di Enna su input di soggetti esterni che dovevano dare vita a una nuova formazione politica sostenuta da “vari segmenti dell’imprenditoria, delle istituzioni e della politica”. Come faceva l’autore dell’articolo a sapere ciò che anni dopo avrebbe svelato Messina? È come se circolassero informazioni in uncircuito separato e parallelo a quello destinato alla massa. Un circuito soprastante alla base mafiosa, delegata ad eseguire la parte militare del piano, e interno alla mente politica collettiva che quel piano aveva concepito, anche se poi quel piano mutò in corso d’opera per una serie di eventi sopravvenuti, e si puntò così ad una diversa soluzione incruenta.
In questo quadro c’è poi da chiedersi perché, in un’intervista del 1999, il professor Miglio, ex teorico della Lega Nord, dichiarò parlando dei fatti dei primi anni ‘90: “Io sono per il mantenimento anche della mafia e della ‘ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos’è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un’assurdità. C’è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate”.
 
Andiamo avanti. 

L’ex neofascista Elio Ciolini, già coinvolto nelle indagini sulla strage di Bologna, il 4 marzo 1992 scrisse una lettera dal carcere al giudice Leonardo Grassi per anticipargli che “nel periodo marzo-luglio” si sarebbero verificati fatti per destabilizzare l’ordine pubblico con esplosioni dinamitarde e omicidi politici. Puntualmente il 12 marzo fu ucciso Lima e nel maggio e luglio ci furono le stragi di Capaci e via D’Amelio. Il 18 marzo Ciolini aggiunse che il piano eversivo era di “matrice masso-politico-mafiosa”, come rivelarono poi alcuni collaboratori di giustizia, e preannunciò un’operazione terroristica contro un leader del Psi. Anni dopo accertammo che era stato progettato l’omicidio di Claudio Martelli, fallito per alcuni imprevisti.  
  
Chi manca, alla “lista della spesa”? Quanti si celavano dietro la sigla della “Falange armata” i quali, pochi giorni dopo le dimissioni di Martelli da ministro perché coinvolto nelle indagini sul conto segreto svizzero “Protezione” a seguito delle dichiarazioni rese da Silvano Larini (il 9.2.1993) e da Licio Gelli (il 17.2.1993), diffusero il 21 aprile 1993 un comunicato per invitare Martelli a non fare la vittima e ad essere “grato alla sorte che anche per lui si sia potuta perseguire la via politica invece che quella militare”; e poi per lanciare avvertimenti a Spadolini, Mancino e Parisi, annunciando future azioni. Pochi mesi dopo, la manovra dello scandalo dei fondi neri del Sisde indusse Parisi a dimettersi, fece vacillare il ministro Mancino e anche il presidente Scalfaro, il quale denunciò che dietro quella vicenda si muovevano oscuri progetti di destabilizzazione politica.  
  
E poi? L’elenco sarebbe molto lungo e coinvolgerebbe tanti soggetti di quali non posso parlare, visti i limiti che derivano dal mio ruolo. Possiamo forse aggiungere alcuni di coloro che hanno concepito il depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio: cioè la costruzione a tavolino, tramite falsi pentiti, di una versione minimalista che ha “tarato” le indagini verso il basso, circoscrivendola a una banda di piccoli criminali comeScarantino, e garantendo intorno ad essa un muro impenetrabile di omertà che ha retto fino a un paio di anni fa, cioè alle dichiarazioni autoaccusatorie di Spatuzza. Poi, se i riscontri dovessero confermare le dichiarazioni di Massimo Ciancimino, ci sono i vari “signor Franco” o “signor Carlo” che affiancarono suo padre Vito facendo da cerniera tra mondo mafioso e mondi superiori durante le stragi. E inoltre quanti garantirono a Provenzano, garante della soluzione politica alternativa a quella cruenta di Riina, di muoversi per anni liberamente per l’Italia e di visitare Vito Ciancimino gli arresti domiciliari. Poi coloro che fecero sparire l’agenda rossa di Borsellino. E tanti altri...
 
Come gli ufficiali del Ros Mori e De Donno, ora imputati per la mancata cattura di Provenzano dopo la trattativa che portò all’arresto di Riina, con annessa mancata perquisizione del covo e sparizione delle carte segrete del boss. E i superiori militari e politici che autorizzarono quella “trattativa”. 
Non posso rispondere. Sono fatti ancora oggetto di indagini in corso.  
  
Su questa convergenza di ambienti e interessi lei, a Palermo, aveva avviato l’indagine “Sistema criminale”, poi in parte archiviata. Che cos’è il sistema criminale? 
Quello che abbiamo appena sintetizzato. Un sistema composto da esponenti di mondi diversi, tutti rimasti orfani dopo la caduta del Muro di Berlino delle passate protezioni, all’ombra delle quali avevano potuto coltivare i più svariati interessi economici e criminali, tra questi anche la mafia militare sino ad allora tollerata come anticorpo contro il pericolo comunista. Questi mondi intercomunicanti attraverso uomini cerniera erano accomunati da un interesse convergente: destabilizzare il sistema agonizzante della Prima Repubblica e impedire un ricambio politico radicale ai vertici del Paese con l’avvento delle sinistre al potere (la “gioiosa macchina da guerra”). Ciò doveva avvenire mediante la creazione di un nuovo soggetto politico che avrebbe dovuto conquistare il potere mediante un’articolata strategia che si snodava contemporaneamente sul piano militare e politico. La nostra ipotesi, almeno sul piano storico, esce sempre più confermata dalle recenti scoperte investigative. Nella stagione delle stragi si muovono molteplici operatori che poi si dividono i compiti. Chi concepisce il piano, chi lo realizza a livello militare, chi organizza la disinformazione e chi i depistaggi. Basterebbe che cominciasse a parlare qualcuno che conosce anche solo la sua parte, per consentirci enormi passi avanti nella ricerca della verità. Ma, finora, non parla nessuno.
  
Bè, mafiosi come Spatuzza e figli di mafiosi come Massimo Ciancimino parlano. E costringono a ricordare qualche esponente delle istituzioni: gli improvvisi lampi di memoria di alcuni politici, dopo 17-18 anni, sul ruolo di Mori durante la “trattativa” con Ciancimino fanno pensare che tanti a Roma sappiano molto, se non tutto...   Anche qui preferisco non addentrarmi in vicende specifiche, tuttora oggetto di indagini e processi. Prescindendo da casi specifici, vista dall’alto la tragica sequenza degli avvenimenti di quegli anni fa pensare al “gioco grande” di cui parlava Falcone: l’ennesimo gigantesco war game giocato all’interno di alcuni settori della nomenclatura del potere nazionale sulla pelle di tanti innocenti. Un war game trasversale combattuto anche a colpi di segnali, messaggi trasversali, avvertimenti in codice, veti incrociati e ricatti sotterranei: non potendo parlare esplicitamente tutti erano costretti a comunicare con linguaggi cifrati.

Perché dice “ennesimo war game”? 
Tutta la storia repubblicana è segnata dal “gioco grande” celato dietro progetti di colpi di Stato   poi rientrati (dal golpe Borghese al piano Solo) e stragi caratterizzate da depistaggi provenienti da apparati statali: da Portella della Ginestra alla strage di Bologna alle stragi del 1992-93. Perciò la questione criminale in Italia è inestricabilmente intrecciata con la storia nazionale e con la questione stessa dello Stato e della democrazia.

Possibile che, in un Paese debole di prostata dove nessuno si tiene niente, i segreti sulle stragi custoditi da tanta gente tanto eterogenea restino impenetrabili a quasi vent’anni di distanza? Molte stragi d’Italia nascondono retroscena che coinvolgono decine, se non centinaia di persone. Pensi aPortella della Ginestra: la banda Giuliano, i mafiosi, i servizi segreti, esponenti delle Forze dell’ordine, il ministero dell’Interno. Pensi alle stragi della destra eversiva. Così quelle politico-mafiose del 1992-93. La storia insegna che quando un segreto dura nel tempo sebbene condiviso da decine e decine di persone, è il segno che su quel segreto è impresso il sigillo del potere. Un potere che cavalca la storia riproducendosi nelle sue componenti fondamentali e che eleva intorno al proprio operato un muro invalicabile di omertà, perché è così forte da poter depistare le indagini, alimentare la disinformazione, distruggere la vita delle persone, riuscendo a raggiungerle e a eliminarle anche nel carcere più protetto. Come Gaspare Pisciotta, testimone scomodo ucciso all’Ucciardone con un caffè alla stricnina, e a un’altra decina di persone al corrente dei segreti retrostanti la strage di Portella. E come Ermanno Buzzi, condannato in primo grado per la strage di Brescia e strangolato in carcere. Resta inquietante lo strano suicidio in   carcere nel 1993 di Nino Gioè, appena arrestato e sospettato per Capaci, dopo strani incontri con agenti dei servizi e una strana trattativa avviata con Paolo Bellini, coinvolto in indagini sull’eversione nera negli anni 70, per aprire un canale con Cosa Nostra. Ed è inquietante che Nino Giuffrè, braccio destro di Provenzano, abbia raccontato di essere stato invitato a suicidarsi nel 2005, subito dopo l’inizio della sua collaborazione, ancora segretissima. Il muro dell’omertà comincia a fessurarsi solo quando il sistema di potere entra in crisi.
 
È per questo che oggi si aprono spiragli importanti di verità? 
Presto per dirlo, ma ancora una volta la lezione della storia ce lo insegna. Quando la Prima Repubblica era potente, Buscetta, Marino Mannoia e altri collaboratori rifiutarono di raccontare a Falcone i rapporti mafia-politica: iniziarono a svelarli solo nel ‘92, quando quel sistema crollò, o meglio sembrò fosse crollato.

Oggi il governo appena qualcuno torna a parlare, vedi Spatuzza, gli nega il programma di protezione. Che messaggio è? 
Quella decisione è stata presa contro il voto di dissenso dei magistrati della Procura nazionale antimafia che fanno parte della Commissione sui collaboratori di giustizia e contro il parere concorde dei magistrati di ben tre Procure della Repubblica antimafia: Caltanissetta, Palermo e Firenze. Intorno al caso Spatuzza e sul fronte delle indagini sulle stragi si è verificata una spaccatura assolutamente inedita tra magistrati e gli altri componenti della Commissione. Proprio perché non si tratta di una scelta di routine e proprio a causa di questa spaccatura, quella decisione in un mondo come quello mafioso che vive di segnali può essere equivocata e letta in modo distorto: nel senso che lo Stato in questo momento non è compatto nel voler conoscere la verità sulle stragi. Naturalmente non è affatto così, le motivazioni del dissenso sono di tipo giuridico, ma è innegabile che il pericolo esista.

Dunque hanno ragione i pm di Caltanissetta quando dicono in Antimafia che la politica non è pronta a fronteggiare l’onda d’urto delle nuove verità sulle stragi? A me risulta che le loro dichiarazioni sono state riportate dalla stampa in modo inesatto. In ogni caso, sulle stragi e i loro retroscena abbiamo oggi un’occasione più unica che rara, forse l’ultima, per raccontare unastoria collettiva sepolta da quasi vent’anni di oblio organizzato. Per restituire al Paese la sua verità e aiutarlo a divenire finalmente adulto. Se non dovessimo farcela neppure stavolta, non ci resterebbe che fare nostra un’amara considerazione di Martin Luther King: “Alla fine non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici”. 
(Nella foto: Roberto Scarpinato)

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